Lo scorso 26 giugno si è tenuta l’ennesima udienza di uno dei processi in cui è imputato Andrea Piazzolla, l’uomo che è stato al fianco di Gina Lollobrigida in qualità di fido assistente fino alla fine dei suoi giorni e al quale la diva era legata da un profondo e autentico affetto. Si tratta del processo in cui Piazzolla è accusato insieme ad un ristoratore romano di aver approfittato della condizione di vulnerabilità dell’attrice per farle firmare nel 2020 alcuni mandati per vendere alla casa d’aste Colasanti circa 350 oggetti tra opere d’arte e cimeli antichi. Ciò che avrebbe convinto i magistrati a rinviare a giudizio il factotum della diva sono le parole stesse della Lollo che al pm dichiarò di non voler affatto separarsi da quegli oggetti.

Per quale motivo Gina Lollobrigida avrebbe detto alle autorità che mai e poi mai avrebbe venduto quegli oggetti, in particolare le icone sacre alle quali era molto legata? A mio avviso la diva era delusa e amareggiata dal fatto che il giudice tutelare nel 2019 avesse accolto la richiesta di suo figlio, Milko Skofic, e avesse limitato la sua libertà ed autonomia imponendole l’istituto dell’amministrazione di sostegno. Per una donna che ha sempre dimostrato un carattere fermo, volitivo e determinato, vedersi improvvisamente costretta a dover rendere conto del proprio patrimonio ad un estraneo ha purtroppo determinato una perdita di fiducia nella giustizia.

Io sono dello stesso parere di alcuni testimoni e anche dell’avvocato Ingroia – che per un periodo è stato il suo legale – i quali affermano che all’attrice non andasse affatto di raccontare a nessuno, neppure al pm, i fatti suoi, cosa, come e a chi desiderasse vendere i propri oggetti e soprattutto come desiderasse gestire il proprio patrimonio fatto di beni e denaro guadagnato in una vita di lavoro e di impegno non solo nel mondo del cinema ma anche dell’arte e della fotografia. Questi ambiti erano le sue grandi passioni da sempre, l’ha dichiarato non solo nel corso di numerose interviste ma anche in un testamento olografo del 2013 – di cui ho già scritto su questo sito – in cui metteva per iscritto che non voleva intestare alcun lascito a suo figlio Milko Skofic proprio perché quest’ultimo non aveva mai condiviso i suoi interessi, anzi li considerava una perdita di tempo e di denaro.

Perché la questione risiede sempre nella stessa disputa, quella fra la diva, suo figlio e suo nipote e l’ex marito, Javier Rigau, che nel 2010 aveva fatto firmare all’attrice un documento che ratificava il loro matrimonio. Per questa vicenda è stato processato e assolto. Suo figlio, suo nipote e il sedicente marito a mio avviso erano preoccupati del fatto che l’attrice potesse decidere di spendere i propri soldi con chi voleva, fosse questi il suo giovane assistente o altre persone estranee al legame di sangue, invece di decidere di congelare i propri averi e destinarli ai familiari.

La vicenda occorsa ad una delle ultime dive della storia del cinema a mio parere riguarda una platea molto più vasta di persone composta da centinaia di cittadini italiani perché l’istituto dell’amministrazione di sostegno è vissuto da molti di loro come una grave limitazione alle proprie libertà e come un vero e proprio abuso legalizzato da una legge, la 6-2004, da più parti criticata per eccessiva discrezionalità nella sua applicazione. Nella fattispecie, l’amministratore di sostegno assegnato alla Lollo – come sostiene Piazzolla – “ha imposto anche il legale che avrebbe dovuto rappresentarla nei processi a mio carico” negandole il diritto sancito costituzionalmente di potersi scegliere un avvocato di fiducia.

Indipendentemente da quello che i giudici stabiliranno in merito a questo processo, è innegabile che Gina Lollobrigida abbia dimostrato piena autonomia e determinazione in ogni sua dichiarazione pubblica a stampa e tv, non ultima la commovente intervista rilasciata a Mara Venier durante la quale chiedeva di poter essere lasciata libera di vivere e morire in pace. In particolare queste ultime esternazioni della diva sono avvenute in tempi recenti e dimostrano piena lucidità e consapevolezza in totale accordo con almeno due perizie psichiatriche, quella del prof. Alberto Siracusano e quella del prof. Fabrizio Iecher, che confutano e demoliscono completamente l’esame del dott. Di Genio che la ritenne un soggetto vulnerabile e suggestionabile.

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