L’Italia del Sud non è un Paese per i bambini. A denunciarlo a gran voce è la fondazione Cesvi che il 3 luglio ha presentato la sesta edizione dell’Indice regionale sul maltrattamento e la cura all’infanzia. Il quadro che ne esce è di uno Stato spaccato in due: essere bambini al Meridione, tra fattori di rischio e carenza di servizi, è meno sicuro. La maglia nera va a Campania, Sicilia, Puglia e Calabria dove non solo il livello d’istruzione è più basso che altre zone, le gravidanze precoci sono di più e la tendenza a delinquere è maggiore ma mancano consultori materno infantili, servizi a sostegno della genitorialità, assistenza domiciliare per le famiglie.

Il rapporto presenta una graduatoria basata su 64 indicatori, classificati rispetto a sei diverse capacità: cura di sé e degli altri, vivere una vita sana, sicura, acquisire conoscenza e sapere, lavorare, accedere a risorse e servizi. Con l’espressione “maltrattamento infantile” si fa riferimento a varie forme di abuso e trascuratezza nei confronti di persone con meno di diciotto anni. Le tipologie riconosciute sono abuso fisico, sessuale, psicologico e trascuratezza, che in comune hanno conseguenze di danni a salute, sopravvivenza, sviluppo e dignità del minore.

Andando ad esaminare i singoli fattori scopriamo che, tra le regioni dove il fattore di rischio (tendenza a delinquere; livelli di istruzione, gravidanza precoce, dipendenze etc) complessivo è massimo, la Campania è all’ultimo posto, preceduta nell’ordine da Sicilia, Puglia e Calabria, tutte invariate rispetto alla rilevazione precedente. Cambiamenti positivi (due posizioni) riguardano l’Umbria, una posizione le Marche, la Basilicata e il Molise. Rimangono invariati anche Toscana e Piemonte, mentre arretrano di una posizione la Valle d’Aosta, il Lazio, l’Abruzzo, la Sardegna, di due posizioni il Veneto e la Liguria.

Rispetto ai servizi di prevenzione e cura del maltrattamento all’infanzia, la regione con la miglior dotazione strutturale è l’Emilia-Romagna, seguita da Veneto, Toscana, Valle d’Aosta, Umbria e Sardegna. Quelle con maggiori criticità sono, invece, la Campania, all’ultimo posto in posizione invariata, preceduta dalla Sicilia al penultimo posto, peggiorata di un gradino, e ancora Calabria e la Puglia, entrambe in peggioramento. Queste regioni sono considerate “ad alta criticità”: a fronte di fattori di rischio elevati, non corrisponde una reazione del sistema dei servizi, rimasti al di sotto della media nazionale. Rientrano tra esse anche Molise, Basilicata, Abruzzo, Lazio e Piemonte.

“Ciò che emerge – spiega a ilfattoquotidiano.it Roberto Vignola, vice direttore di Cesvi – è un quadro a tinte fosche. Dobbiamo investire sulla creazione di nuovi servizi diffusi su tutto il territorio. Dal nostro osservatorio rileviamo, inoltre, che a ogni momento di crisi, pandemica o geopolitica, tutto ciò diventa ulteriore fattore di stress che si abbatte sulle famiglie. A ogni picco di crisi, aumentano gli atti di autolesionismo, di tentato suicidio”.

Cesvi negli ultimi tre anni ha aperto tre strutture chiamate Casa del sorriso a Napoli, a Bari e a Siracusa: “Lì abbiamo visto l’assenza di servizi pubblici e privati”, dice Vignola. Secondo i dati del Cesvi, in Italia assistiamo 400mila bambini affidati ai servizi sociali di cui 77mila hanno subito maltrattamenti. Ma c’è un sottobosco che non esce nei numeri: per ogni bambino assegnato ai servizi sociali e affidato a una comunità altri dieci casi non emergono.

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