Acciaierie d’Italia, durante la gestione guidata da Lucia Morselli, falsificava i dati sulle emissioni di Co2 per ottenete vantaggi nell’assegnazione delle quote di emissione gratuite. È l’accusa della procura di Taranto, che indaga per il reato di truffa in danno dello Stato dieci tra ex amministratori, procuratori, dipendenti e collaboratori pro tempore del gruppo partecipato da Am InvestCo Italy e Invitalia e ha disposto perquisizioni nei loro confronti. Si tratta, come riporta la Gazzetta del Mezzogiorno, della stessa Morselli, del suo segretario Carlo Kruger, di Sabina Zani, consulente di PriceWaterCooper, di Vincenzo Dimastromatteo e Alessandro Labile, direttori dello stabilimento, dei procuratori speciali di Adi Francesco Alterio, Adolfo Buffo e Paolo Fietta, di Antonio Mura, procuratore Adi con funzioni di direttore finanze, e di Felice Sassi, dipendente. Dallo scorso febbraio il gruppo è tornato in amministrazione straordinaria, passo necessario per mettere fine alla lite tra il socio pubblico e il gruppo angloindiano ArcelorMittal che ha spinto l’Ilva sull’orlo del precipizio. Le perquisizioni sono in corso nelle province di Taranto, Bari, Milano, Monza-Brianza e Modena sulla base di un decreto di perquisizione personale e locale. A quanto risulta al Fatto, acquisizioni di documenti sono in corso anche al ministero dell’Ambiente.

L’indagine riguarda il funzionamento del sistema europeo di scambio di quote di emissione (Eu Ets), istituito dalla Direttiva 2003/87/CE: è il principale strumento adottato dall’Unione Europea per ridurre le emissioni di gas a effetto serra nei settori energivori in base al protocollo di Kyoto. Il sistema si basa sul meccanismo del cosiddetto cap&trade che fissa un tetto massimo al livello complessivo delle emissioni consentite a tutti i soggetti vincolati, permettendo ai partecipanti di acquistare e vendere sul mercato diritti a emettere quote di CO2 secondo le loro necessità nel rispetto del limite stabilito. Il meccanismo ha lo scopo di mantenere alti i prezzi dei titoli per disincentivare la domanda e, pertanto, indurre le imprese europee ad inquinare meno. Ma le aziende più inquinanti ricevono da anni le quote di emissione a titolo gratuito per evitare un presunto rischio di delocalizzazione: una scelta che in passato – come raccontato nel 2019 su Fq Millennium – ha consentito a molti gruppi di rivendere sul mercato quei crediti o scaricarne il valore sui clienti finali, guadagnandoci.

Secondo quanto accertato sinora nell’inchiesta, in relazione alla restituzione delle quote CO2 consumate nell’anno 2022 e all’assegnazione di quelle a titolo gratuito per l’anno 2023, Acciaierie d’Italia avrebbe attestato nel piano di monitoraggio e rendicontazione falsi quantitativi di consumi di materie prime (fossile, gas, ecc.), di prodotti finiti e semilavorati e relative giacenze, così alterando i parametri di riferimento (“fattore di emissione” e “livello di attività”). Adi avrebbe inoltre dichiarato al registro Eu Ets (Sistema europeo di scambio di quote di emissione) un numero di quote CO2 inferiore a quello effettivamente emesso, inducendo in errore il comitato ministeriale, che perciò assegnava gratuitamente allo stabilimento ex Ilva di Taranto, per l’anno 2023, un ammontare di quote superiore a quello effettivamente spettante.

In questo modo, secondo l’accusa, gli indagati avrebbero procurato un ingiusto profitto per Acciaierie d’Italia consistito, da un lato, in un risparmio di spesa, realizzato con la restituzione allo Stato (nello specifico, al Comitato ministeriale) di quote CO2 inferiori a quello che la società avrebbe dovuto restituire, e dall’altro nei maggiori ricavi determinati dal riconoscimento di quote di CO2 gratuite in misura eccedente. A danno del mercato primario delle “aste pubbliche” dello Stato. Nelle perquisizioni si cerca documentazione amministrativa e contabile per ricostruire le procedure esaminate per stabilire l’esatta quantificazione delle quote effettivamente spettanti.

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