Politica

Mattarella e la lezione sulla democrazia: “Governabilità non giustifica alterare la rappresentatività, no all’assolutismo della maggioranza”

La democrazia come “tratto irrinunciabile dell’identità nazionale”, “una bandiera” da non “mortificare”, un valore che non si può opporre alla “libertà“, “non si riduce a un semplice aspetto procedurale” o nelle urne, ma “presuppone lo sforzo di elaborare una visione del bene comune in cui sapientemente si intreccino – perché tra loro inscindibili – libertà individuali e aperture sociali, bene della libertà e bene dell’umanità condivisa”. E’ stata una lunga lezione sulla democrazia quella che il presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha pronunciato alla cerimonia di apertura della 50esima Settimana Sociale dei Cattolici in Italia, a Trieste. Ma in traslucido si nota qualche passaggio che tocca i temi di più stretta attualità. Come il dibattito sulla governabilità, per esempio, che va avanti da anni se non decenni e che ha prodotto la riforma costituzionale del premierato proposta dal centrodestra. Mattarella non parla dell’attualità ma ricorda il pensiero del filosofo e politologo Norberto Bobbio che “ammonisce che non si può ricorrere a semplificazioni di sistema o a restrizioni di diritti ‘in nome del dovere di governare’: una democrazia ‘della maggioranza’ sarebbe, per definizione, una insanabile contraddizione, per la confusione tra strumenti di governo e tutela della effettiva condizione di diritti e di libertà”. Il ragionamento del capo dello Stato si incrocia con la realtà di diversi Paesi, in cui si è realizzata quella che è stata definita “democratura“. “I diritti si inverano attraverso l’esercizio democratico – dice Mattarella – Se questo si attenua, si riduce la garanzia della loro effettiva vigenza. Democrazie imperfette vulnerano le libertà: ove si manifesta una partecipazione elettorale modesta. Oppure ove il principio ‘un uomo-un voto’ venga distorto attraverso marchingegni che alterino la rappresentatività e la volontà degli elettori. Ancor più le libertà risulterebbero vulnerate ipotizzando democrazie affievolite, depotenziate da tratti illiberali”.

Insomma, la democrazia non è solo il funzionamento delle regole. “Le condizioni minime della democrazia sono esigenti – aggiunge il capo dello Stato riprendendo di nuovo Bobbio – generalità e uguaglianza del diritto di voto, la sua libertà, proposte alternative, ruolo insopprimibile delle assemblee elettive e, infine e non da ultimo, limiti alle decisioni della maggioranza, nel senso che non possano violare i diritti delle minoranze e impedire che possano diventare, a loro volta, maggioranze”. Anzi, ricorda Mattarella che “dopo la costrizione ossessiva del regime fascista soffiava “l’alito della libertà“, con la Costituzione a intelaiatura e garanzia dei diritti dei cittadini. L’alito della libertà anzitutto come rifiuto di ogni obbligo di conformismo sociale e politico, come diritto all’opposizione“. Sullo sfondo il rifiuto di quella che chiama “ossessiva proclamazione della rivalsa”, carattere atavico della politica soprattutto negli ultimi trent’anni. “Al cuore della democrazia ci sono le persone, le relazioni e le comunità a cui esse danno vita, le espressioni civili, sociali, economiche che sono frutto della loro libertà, delle loro aspirazioni, della loro umanità: questo è il cardine della nostra Costituzione – scandisce Mattarella -. Questa chiave di volta della democrazia opera e sostiene la crescita di un Paese, compreso il funzionamento delle sue istituzioni, se al di là delle idee e degli interessi molteplici c’è la percezione di un modo di stare insieme e di un bene comune. Se non si cede all’ossessiva proclamazione di quel che contrappone, della rivalsa, della delegittimazione. Se l’universalità dei diritti non viene menomata da condizioni di squilibrio sociale, se la solidarietà resta il tessuto connettivo di una economia sostenibile, se la partecipazione è viva, diffusa, consapevole del proprio valore e della propria essenzialità”.

Il concetto della democrazia va oltre la composizione di una maggioranza, sottolinea il presidente della Repubblica. “Tosato (Egidio, giurista e deputato della Dc, ndr) contestò l’assunto di Rousseau in base al quale la volontà generale non poteva trovare limiti di alcun genere nelle leggi, perché la volontà popolare poteva cambiare qualunque norma o regola. Lo fece con parole molto nette: ‘Noi sappiamo tutti ormai che la presunta volontà generale non è in realtà che la volontà di una maggioranza e che la volontà di una maggioranza, che si considera come rappresentativa della volontà di tutto il popolo può essere, come spesso si è dimostrata, più ingiusta e più oppressiva che non la volontà di un principe’. Un fermo no, quindi, all’assolutismo di Stato, a un’autorità senza limite, potenzialmente prevaricatrice. La coscienza dei limiti è un fattore imprescindibile di leale e irrinunziabile vitalità democratica”. Questo della “coscienza dei limiti” è un tema molto caro al capo dello Stato, ripetuto anche in altre occasioni e anche durante il primo settennato. Nel 2018, parlando agli studenti di alcune scuole superiori al Quirinale, sottolineò che esiste, da Costituzione, il sistema di pesi e contrappesi “perché la storia insegna che l’esercizio del potere può provocare il rischio di fare inebriare, di perderne il senso del servizio e di fare invece acquisire il senso del dominio nell’esercizio del potere”. E contro questo rischio ci sono due antidoti, disse: “Il primo è personale: una capacità di autodisciplina, di senso del limite, del proprio limite come persona e come ruolo che si esercita, un senso di autocontrollo – e, ragazzi, anche, perché no – di autoironia che è sempre molto utile a tutti”.

E così, oggi, Mattarella spiega la differenza tra bene comune e bene pubblico, passando dal pensiero di Giuseppe Dossetti, costituzionalista cattolico democratico che pose il problema del “vero accesso del popolo e di tutto il popolo al potere e a tutto il potere, non solo quello politico, ma anche a quello economico e sociale”, con la definizione di “democrazia sostanziale“, ricorda il presidente della Repubblica. “A segnare così il passaggio ai contenuti che sarebbero stati poi consacrati negli articoli della prima parte della nostra Carta costituzionale. Fra essi i diritti economico-sociali. Una riflessione impegnativa con l’ambizione di mirare al ‘bene comune‘ che non è il ‘bene pubblico‘ dell’interesse della maggioranza, ma il bene di tutti e di ciascuno al tempo stesso”.