Dopo il mio ultimo post sul nucleare, finalmente il mondo scientifico si fa sentire tramite una lettera aperta, firmata da numerosi scienziati.

Il ministro Pichetto Fratin continua a presentare scenari del tutto irreali sulla ripresa del nucleare in Italia. Recentemente sul Sole 24 ore ha parlato di una revisione del Pniec introducendo uno scenario con un “22% di produzione da nucleare in Italia entro il 2050”. Il ministro è spinto addirittura a parlare di un 10-11% di produzione da nucleare entro il 2030, senza che questa dichiarazione venisse corretta o smentita.

Curiosamente, sul fatto che questo sia irrealizzabile è riuscito a mettere d’accordo sia pro che anti-nuke. Infatti, se il 20-22% di nucleare in Italia è di fatto impossibile, una qualsiasi produzione al 2030 rappresenta qualcosa che non è nemmeno commentabile. Si pensi che a causa del processo regolatorio necessario per posare la prima pietra di un reattore nucleare passano come minimo cinque anni (presumibilmente di più, nel caso dell’Italia che deve individuare i siti) e con questo siamo come minimo al 2029.

Qui non si tratta di essere contro o favorevoli al nucleare o iniziare infinite discussioni su quanto sia pericoloso o meno. Si tratta semplicemente di prendere atto che c’è un’emergenza climatica e che i tempi per introdurre un programma nucleare in Italia entro il 2050, soprattutto se così esteso, non ci sono. Se paesi europei come Finlandia e Francia (ammesso il reattore di Flamanville 3 sia avviato quest’anno) ci hanno messo 18 e 17 anni per vedere una qualsiasi produzione di energia, e i reattori inglesi di Hinkley Point C stanno trovandosi di fronte agli stessi ritardi, per quale motivo l’Italia dovrebbe poterci mettere molto meno? Teniamo presente che lo scenario proposto nel Pniec prevede di installare in Italia 17.5 GW da nucleare, cioè nei prossimi 25 anni cinque volte tanto la potenza che l’intera Unione Europea ha installato dal 2000 (3.2 GW).

Per di più, questo obiettivo dovrebbe essere raggiunto utilizzando gli Smr (Small Modular Reactors) che rappresentano una soluzione non ancora disponibile commercialmente. Il ministro si dovrebbe piuttosto concentrare su trovare un sito per il deposito nazionale di rifiuti radioattivi, visto che lo avremmo dovuto costruire almeno dieci anni fa. Ma se non si trova un comune disposto a ospitare questo deposito, per il quale tra l’altro sono previsti centinaia di milioni come opere di compensazione, come è anche solo pensabile di trovare il posto dove mettere 58-175 reattorini come gli Smr? La questione è spiegata in dettaglio in questo articolo di Pasquale Stigliani.

Qualcuno sostiene che il nucleare in Italia è irrinunciabile per garantire una quota di produzione energetica fissa e costante, che adesso è prodotta grazie alle fonti fossili. Tutte le volte che ho provato a chiedere un riferimento scientifico affidabile la risposta è stata all’incirca “lo ho letto sui social”. Oggi in Italia avere 100% rinnovabile non è fattibile, anche perché fino a pochi anni fa non c’era una produzione significativa proveniente da fonti rinnovabili intermettenti e il problema non si era ancora posto. Tuttavia, le tecnologie da accumulo (chimico e gravitazionale) stanno compiendo passi da gigante. È molto più probabile che questa criticità sia risolta ben prima di vedere la produzione di un singolo watt da nucleare in Italia.

In ogni caso il nucleare in Italia non appare nemmeno una soluzione per il cosiddetto “baseload” o carico base, perché per il 2050 risulta irrealistica una qualsiasi produzione da nucleare in Italia che non sia marginale o simbolica (al più un paio di reattori). Teniamo presente che la Cina, il paese che investe più di tutti sul nucleare, ha avviato il primo reattore negli anni ’90 e oggi la sua produzione da nucleare arriva solo al 5% del totale. Mentre eolico e fotovoltaico erano inesistenti nel 2008 e ora producono tre volte l’energia del nucleare.

In Italia il problema non sarebbe quello di fonti variabili o costanti: è piuttosto quello della produzione di energia a-nucleare, che è poca. Di fatto il mondo, in particolare quello occidentale, sta lentamente uscendo dal nucleare, perché i reattori invecchiano e non sono sostituiti. Oramai il nucleare è di fatto Cina e Russia, per motivi geopolitici piuttosto che per una reale convenienza. Davvero l’Italia vuole andare in una direzione nella quale non si punta più? E trascurare invece lo sviluppo enorme delle fonti rinnovabili?

La comunità scientifica è insorta quando il parlamento voleva inserire il termine “biodinamico” in una legge, tanto da presentare appelli pubblici al presidente Mattarella. Ora questa era una battaglia giusta, se non altro perché il termine “biodinamico” è un marchio registrato di un’azienda privata. Comunque la si pensi, qualsiasi conseguenza sarebbe stata di ordini di grandezza inferiori rispetto a un Pniec basato su fantasie irrealizzabili. Ricordiamo che il Pniec è l’abbreviazione di “Piano Nazionale Energia e Clima”, cioè un documento che stabilisce qual è la strada del nostro Paese per rispettare gli accordi di Parigi sul Clima.

Dopo il disastroso dibattito presidenziale, ci si pone giustamente il dubbio che Biden possa svolgere un compito delicato come guidare una nazione con i suoi vuoti di memoria. Il cambiamento globale è un’emergenza assoluta e ciascun paese è chiamato a fare la sua parte: davvero può essere gestito da un ministro che nel migliore dei casi confonde il 2030 con il 2050 e nel peggiore crede a qualcosa di irrealizzabile?

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