Figura non sempre amata nei circoli della sinistra più radicale britannica, il laburista David Lammy, 52 anni e da 24 in politica, venerdì prossimo potrebbe uscire dall’ombra (il suo attuale ruolo contrapposto a David Cameron, ministro degli esteri in carica) e diventare lui il capo della diplomazia di Londra, nella squadra di Keir Starmer. Sempre che il 4 luglio i britannici voteranno il suo nuovo governo, cosa quasi certa. Lammy partecipa alle elezioni per la sua ottava volta. Nel frattempo il partito ha subito drammatiche trasformazioni, spostandosi più al centro. Lui, come Starmer, si è fatto da solo. Genitori della Guyana e cresciuto a Tottenham, uno dei quartieri più malfamati di Londra, ha avuto successo come avvocato (con studi ad Harvard) ed è ora al numero due del Social Power Index, la lista dell’alta società britannica redatta da Tatler. Come ministro ombra agli Esteri è stato attaccato dai dimostranti per la Palestina, per aver mostrato sostegno a Israele e aver fatto troppo poco per il cessate il fuoco a Gaza. A pochi giorni dalle elezioni ha accettato di incontrare la stampa estera alla Foreign Press Association, dove lo abbiamo raggiunto.
Con la vittoria di Starmer che sfide si apriranno per i laburisti?
Il mondo è cambiato moltissimo dall’ultima volta che eravamo al governo, ad esempio quando ero un giovane sottosegretario nel governo di Tony Blair (alla Salute Pubblica dal 2002 al 2003 e poi agli affari costituzionali tra il 2003 ed il 2005, ndr) l’economia britannica era sei volte quella della Cina. Adesso viviamo in una realtà multipolare dove c’è una competizione molto intensa tra le superpotenze globali, e in questo contesto il Regno Unito si trova fuori dall’Unione Europea. Dopo 14 anni di governo conservatore siamo un Paese più diviso di quanto mi ricordi. Sotto questo governo la nostra economia ha avuto una crescita lenta se non zero, abbiamo tenuto un approccio insulare in una comunità globale, preoccupati di noi stessi. Non siamo certamente la “Britannia globale” che ci avevano promesso i conservatori. Però abbiamo ancora un grosso potenziale. Abbiamo un posto nel consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite e relazioni che spaziano in tutto il mondo in particolare con il Commonwealth. Il “soft power” della Gran Bretagna, se sfruttato bene, è invidiato in tutto il mondo e possiamo metterlo a buon frutto. La nostra visione è quella di riconnetterci alla comunità globale.
Quali saranno i suoi primi passi nuova missione?
Quando salirò al ministero degli Esteri, se questo è quello che vorranno i britannici, sarà essenziale risettare alcune questioni fondamentali, come la relazione con l’Europa e la Ue, che vediamo sostenuta da un nuovo patto Regno Unito-Unione europea sulla Sicurezza. Dobbiamo riprendere l’impegno del nostro Paese sul clima e ritornare ad avere la leadership nell’emergenza ambientale, e poi dobbiamo rivedere le relazioni con i poteri medi nel mondo. Dobbiamo ristabilire i rapporti con il Sud globale dopo la battuta d’arresto della pandemia, a causa degli incredibili tagli al nostro budget sugli aiuti umanitari e l’abolizione del Dipartimento per lo Sviluppo internazionale, la cui capacità è stata invece potenziata nella comunità globale.
Quali sono i cardini della sua politica estera?
Quello che ho delineato nel mio approccio di “realismo progressivo” è un partito laburista che incontra il mondo così com’è non come vorrebbe che fosse. Dobbiamo lavorare con i partner in Medio Oriente, particolarmente con i paesi del Golfo e gli Stati Arabi per promuovere la soluzione dei due Stati, in cui crediamo, per il conflitto Israele-Palestina. Ovviamente la nostra politica estera deve essere sostenuta dalla crescita economica di cui il nostro Paese ha bisogno. Questa è la nostra missione numero uno e farò in modo che il ministero degli Esteri serva la missione di far crescere l’economia.
E su Gaza?
Riconosciamo che Israele e Gaza sono la sfida più grande e difficile. Stiamo chiedendo il cessate il fuoco ormai da tutto l’anno, e continuiamo a sostenere l’importanza di rilasciare gli ostaggi e di far arrivare aiuti umanitari a Gaza. Crediamo nell’ordine basato sul diritto internazionale ed umanitario. Questo è il nostro approccio e faremo la nostra parte se emergeremo vincitori dal voto alla fine della settimana.
Ci sono già impegni in agenda?
Nelle prossime settimane abbiamo un calendario molto pieno. Si comincia con la conferenza della Nato e ho già cominciato a fare lavoro preparatorio anche in campagna elettorale in caso vincessimo il voto del 4 luglio. Spero che lavorando con i partner statunitensi ed europei potremmo rilasciare una dichiarazione congiunta di sostegno all’Ucraina. La posizione dei Labour è quella di delineare un percorso chiaro verso le garanzie di sicurezza che l’Ucraina chiaramente sta cercando dalla Nato. E poi c’è il quarto European Political Community Summit, un’opportunità di parlare con partner europei. La sicurezza europea è la questione numero uno per noi e delineeremo la nostra visione sul patto di Sicurezza Europeo. Sono contento del ritorno di Ursula Von Der Leyen che permetterà di portarlo avanti e io e Keir Starmer abbiamo avuto un buon incontro con lei. Chiaramente l’agenda del Summit era già stata fissata prima delle elezioni ma sia io che Keir saremo contenti di poter accogliere i leader europei a Blenheim Palace e discutere delle questioni che contano per loro. Per via della guerra ci sono grosse grosse preoccupazioni in Europa sulla capacità produttiva militare di cui il Regno Unito insieme alla Francia contano per il 50 per cento, per questo i colleghi europei hanno accolto con attenzione le nostre raccomandazioni
E con l’Italia avete già avuto contatti?
Sono stato contento di scambiare messaggi con il vostro ministro degli Esteri negli ultimi giorni. Sappiamo che l’Italia è presidente del G7 e quindi non vedo l’ora di avere delle conversazioni più dettagliate con la mia controparte italiana in occasione della conferenza della Nato.
Rimanendo in Europa, come ve la gestirete la Brexit?
Boris Johnson ha siglato un accordo che non vale la carta su cui è scritto. All’epoca lo avevamo detto che era un accordo scadente. Nel 2025 ci sarà l’opportunità di fare una revisione dell’accordo e lavoreremo insieme ai colleghi europei in buona fede. Non cercheremo di rientrare nella Ue o nell’Unione Doganale (e nemmeno di tornare alla libera circolazione delle persone, ndr). Però possiamo lavorare su accordi commerciali e penso che siamo arrivati al momento di voltare la pagina del rancore e dell’amarezza e andare avanti. Non vedo l’ora di cominciare a ricostruire i nostri rapporti e ripristinare la fiducia che secondo me è stata rotta. Quello che vogliamo vedere è un continente europeo che ha una forte crescita economica e offre prosperità a tutti gli europei. Il Regno Unito è una parte importante ed è per questo che discuteremo con i nostri colleghi europei in buona fede.
Keir Starmer è criticato per essere un politico “robotico”, ci può dire qualcosa di più personale su di lui?
Io sono di parte perché l’ho incoraggiato a scendere in campo e lo considero un buon amico. I nostri figli hanno età simili, abitiamo entrambi a Nord di Londra, non troppo lontani l’uno dall’altro. Guardiamo le partite insieme. Io tifo per la miglior squadra di Londra, il Tottenham Spurs, naturalmente. Lui invece sta per un’altra squadra (l’Arsenal, ndr) ma andiamo a vedere il derby insieme, anche se purtroppo la sua squadra batte la mia un po’ troppo spesso per i miei gusti. Spero che continueremo ad andare a vedere le partite insieme, anche se da primo ministro e ministro degli Esteri, vedremo…