Gli enti creditori avranno una chance in più per recuperare i crediti fiscali che l’Agenzia delle Entrate Riscossione non è riuscita a riscuotere e ha quindi restituito al mittente come previsto dalla riforma varata dal governo Meloni. Potranno affidarli a società specializzate in operazioni di cartolarizzazione, cioè emissione di titoli per raccogliere le risorse necessarie a pagare il prezzo di acquisto. La novità è prevista nella versione definitiva del decreto legislativo esaminato mercoledì dal consiglio dei ministri. Il testo esaminato a marzo è stato modificato in alcuni punti per tener conto dei pareri delle commissioni Finanze. Non ci sono però novità significative che appaiano in grado di invertire la rotta rispetto all’attuale situazione di estrema inefficienza del sistema pubblico che dovrebbe garantire l’effettivo incasso delle somme non pagate dai contribuenti. L’ultima Relazione sulla performance delle agenzie fiscali, pubblicata l’1 luglio, attesta che tra 2000 e 2023 gli importi riscossi si sono fermati all’8,47% del carico netto affidato dai creditori.

Discarico automatico dopo 5 anni – Nel decreto resta invariata la previsione, per il futuro, del “discarico automatico” (cioè lo stralcio) dei carichi non riscossi entro 5 anni, mentre sui 1.200 miliardi di magazzino pregresso deciderà una commissione nominata dal Mef e composta da un rappresentante della Corte dei conti, uno del dipartimento delle Finanze e un uomo della Ragioneria generale dello Stato. Come contentino per gli enti locali arriva la necessità di un’intesa con la Conferenza unificata. Confermato anche l’aumento del numero massimo di rate mensili su cui i debitori potranno chiedere di spalmare il dovuto, anche se non provano di non essere in grado di pagare subito. Una scelta che di fatto istituzionalizza quella che per la magistratura contabile è una grande stortura del sistema: il fatto che il mancato pagamento delle imposte può essere utilizzato come fonte di finanziamento alternativa e più “conveniente” rispetto al credito bancario. Il prossimo anno e nel 2026, per i debiti fino a 120mila euro si potrà avere una dilazione in 84 rate mensili contro le 72 attuali. Nel 2027 e 2028 si passerà a 96 rate, dal 2029 fino a 108. A partire dal 2031 poi, “a semplice richiesta”, si potrà dilazionare ancora, arrivando a 120 rate mensili. Per ottenere lo stesso numero di rate per i debiti superiori a 120.000 euro, così come prevede la legislazione vigente nella cosiddetta rateazione “straordinaria” il contribuente dovrà documentare la propria situazione di obiettiva difficoltà economica in base a una serie di parametri: i dettagli sono rinviati a un ulteriore decreto del Mef. Il tutto comporterà, nei prossimi 10 anni, una notevole perdita di gettito.

Porte aperte alle cartolarizzazioni – Veniamo alle modifiche. Gli enti creditori (agenzie fiscali, ministeri, Inps, Inail, Comuni) potranno innanzitutto “chiedere all’agente della riscossione la riconsegna anticipata dei carichi ad esso affidati e non ancora riscossi”. La riscossione coattiva potrà poi essere gestita direttamente dall’ente creditore, scelta che spesso si rivela la più fruttuosa, affidata a società private di riscossione con procedura a evidenza pubblica oppure, e qui arriva la novità promossa dal presidente della commissione Finanze del Senato Massimo Garavaglia (Lega), “mediante la cessione con trasferimento del rischio, a titolo oneroso, a soggetti privati, con le modalità di cui alla legge 30 aprile 1999 n.130, individuati con procedura di gara a evidenza pubblica”. In campo entrerebbero quindi le società che già oggi acquisiscono via cartolarizzazione i crediti deteriorati delle banche vendendo su mercato le obbligazioni emesse per acquistarli. Secondo il leghista questa strada dovrebbe consentire il recupero di parte del magazzino: nel parere della commissione si cita in particolare quella legata a “atti di riscossione sospesi in presenza di procedure concorsuali che interessano le imprese”. In alternativa rimane la possibilità di riaffidare per due anni il credito ad AdER “alle condizioni di servizio rese disponibili dall’Agenzia mediante pubblicazione sul sito istituzionale”.

Arriva la definizione dei casi in cui si può impugnare la cartella – Sempre su suggerimento delle commissioni, il nuovo articolo 12 del dlgs riscrive una parte del decreto del 1973 sulla riscossione dettagliando ed ampliando i casi di ammissibilità dell’impugnazione diretta della cartella non notificata. Anche per rispondere a una sentenza della Consulta che lo scorso anno ha auspicato la definizione di precise ipotesi in cui il contribuente può contestare l’atto. “Il ruolo e la cartella di pagamento che si assume invalidamente notificata – si legge nel nuovo testo – sono suscettibili di diretta impugnazione nei casi in cui il debitore che agisce in giudizio dimostri che dall’iscrizione a ruolo possa derivargli un pregiudizio“, non solo per effetto di quanto previsto dal codice dei contratti pubblici, per la riscossione di somme allo stesso dovute dai soggetti pubblici e per la perdita di un beneficio nei rapporti con una pubblica amministrazione, ma anche “nell’ambito delle procedure previste dal codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza, in relazione ad operazioni di finanziamento da parte di soggetti autorizzati e nell’ambito della cessione dell’azienda”.

Cosa manca – Nulla da segnalare invece sul fronte del rafforzamento degli strumenti in mano all’Agenzia delle Entrate-Riscossione, dall’analisi dei dati per suddividere i contribuenti in base alla categoria di rischio all’efficientamento dei pignoramenti. Lo scorso anno, non senza polemiche interne alla maggioranza e marce indietro solo di facciata, il governo ha inserito in manovra una norma che consente all’erario di ottenere dalle banche informazioni sulla capienza dei conti correnti dei debitori: l’obiettivo era permettere finalmente di pignorare a colpo sicuro e non “al buio”. Ma il decreto attuativo del Mef non è ancora stato emanato.

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