Salute

Allarme “super gonorrea”: “La seconda malattia sessuale più frequente al mondo sta diventando resistente agli antibiotici”. Il parere dell’infettivologa

Di testata in testata è rimbalzata la notizia secondo cui il batterio della gonorrea starebbe diventando sempre più resistente agli antibiotici utilizzati per curarla. Ilfattoquotidiano.it ha chiesto delucidazioni alla dottoressa Silvia Nozza, infettivologa presso il San Raffaele di Milano

Ha fatto molto rumore nei giorni scorsi il “trend preoccupante” emerso dal rapporto dell’ECDC, Centro europeo per la prevenzione e il controllo delle malattie, che riguarda l’aumento della cosiddetta “super gonorrea”: casi in cui l’infezione a trasmissione sessuale diventa resistente agli antibiotici usati per curarla. I principali media hanno ripreso la notizia parlando di “allarme in Europa”, ma Ilfattoquotidiano.it ha voluto vederci chiaro e ha posto alcune domande alla dottoressa Silvia Nozza, medico infettivologo dell’Unità di Malattie Infettive dell’IRCCS Ospedale San Raffaele Turro.

C’è da preoccuparsi davvero?
No, sono casi isolati. Da anni la super gonorrea, che designa la resistenza del batterio al ceftriaxone – che è il farmaco di prima scelta –, è sotto osservazione da parte dell’organismo europeo di controllo delle malattie infettive. Bisogna monitorarla per far sì che non diventi una cosa preoccupante.

Vogliamo ricordare che cos’è la gonorrea e come si cura?
La gonorrea è la seconda infezione sessualmente trasmissibile più frequente al mondo dopo la clamidia. Ha una probabilità di contagio per singolo rapporto anche del 90%. Può manifestarsi in maniera sintomatica a livello uretrale o anche asintomatica se colpisce la gola o il retto. Si cura in maniera molto semplice: attualmente la terapia consiste in un antibiotico intramuscolo (il ceftriaxone) e in alcune compresse (azitromicina) somministrati in un unico giorno in ambulatorio o in ospedale, ma i farmaci sono disponibili anche in farmacia.

A cosa è dovuta la maggiore resistenza del batterio agli antibiotici?
Al fatto che gli antibiotici per la gonorrea si usano anche per curare un’altra serie di infezioni. Se una persona con gonorrea si espone a questa classe di antibiotici in maniera insufficiente per debellarla, o per un mal di gola prende la stessa classe di antibiotici ma a un dosaggio diverso, il batterio della gonorrea riesce a moltiplicarsi e a diventare resistente all’antibiotico.

E se il paziente non risponde alle cure che si fa?
Attualmente un farmaco semplice come quelli che ho citato è soltanto in fase di studio. Altrimenti ci sono antibiotici più complessi per via intramuscolo o endovenosa che richiedono un supporto diverso rispetto al banale ambulatorio, ovvero bisogna essere visti in day hospital specialistico, ad esempio.

Lo studio clinico di fase 3 sulla zoliflodacina ha dato risultati positivi come ha fatto sapere la Global Antibiotic Research and Development Partnership.
Confermo, anche se non è ancora disponibile. Essendo una fase 3 credo che nel giro di un anno, un anno e mezzo massimo lo sarà.

Si sta pensando anche a un vaccino?
Esistevano dei dati osservazionali sul fatto che il vaccino per il batterio neisseria meningitidis, il meningococco di tipo B, avesse una protezione parziale (25-30%) e non così altamente confermata nei confronti della gonorrea. C’è invece in studio un vaccino in fase 2 – dovrebbe arrivare la fase 3 – proprio specifico per questa infezione.

Intanto che cosa si può fare per limitare i danni? Quali sono i comportamenti maggiormente a rischio?
La gonorrea deve essere riconosciuta perché se non curata può dare problemi di sterilità permanente. Se si hanno più partner è opportuno fare uno screening delle infezioni sessualmente trasmissibili, quindi un colloquio con un medico e la raccolta di un esame delle urine per la gonorrea uretrale, l’esecuzione di tamponi invece per quella a livello faringeo e anale. Per quanto riguarda la resistenza alla terapia antibiotica sicuramente non prendere antibiotici se non ce n’è bisogno, ma cercare di arrivare a una diagnosi se si ha una sospetta infezione ed evitare il fai da te.

Molti non sanno che anche i rapporti orali sono a rischio gonorrea.
Sì, se una persona è portatrice di gonorrea alla gola, magari anche asintomatica o che si presenta con un banale mal di gola, può trasmettere l’infezione con il rapporto orale.

I soggetti in PrEP hanno modo di sottoporsi regolarmente ai test per la diagnosi delle IST, in alcuni casi anche gratuitamente, e gli altri?
L’accesso gratuito agli screening delle IST è diverso da regione a regione: alcune come la Lombardia prevedono un’esenzione in tal senso, sia che uno faccia la PrEP sia che non la faccia. Il semplice cittadino può andare nei centri preposti – per la Lombardia sono elencati sul sito della Regione – e fare i test gratuitamente. Non è una cosa che molti sanno, purtroppo. L’unico problema è che sono screening legati agli specialisti infettivologi, non si può andare dal medico di base e avere accesso allo screening gratuito: si può pagare il ticket. Per averlo gratuitamente bisogna recarsi nei centri preposti.

Ho letto anche di un test fai da te per la gonorrea.
Sì, esistono i test fai da te per diverse IST. Servono a individuare la presenza o meno del batterio. Sono test attendibili, quindi se si sospetta gonorrea a livello uretrale si raccoglie l’esame delle urine e lo si mette in un reagente per accertarsi della positività.

Vale solo per la gonorrea uretrale?
No, a livello anale e orale ci si può fare da soli il tampone, metterlo nel reagente e, allo stesso modo, nel pozzetto compaiono una striscia se l’esame è negativo e due se è positivo.

Il test individua l’infezione anche se è asintomatica?
Sì. Purtroppo c’è molto stigma sulle IST. Pensi ai ragazzi più giovani che magari non vogliono andare dal medico di base perché è lo stesso dei genitori, quindi hanno poco accesso alle informazioni. Poi un conto è una realtà grande come Milano, un altro quelle più piccole dove banalmente posso conoscere la persona che mi fa il test perché è un amico di famiglia. C’è ancora molto da lavorare.

Sulla base di quel che osserva lei al San Raffaele, qual è la situazione a Milano in termini di casi di gonorrea? C’è stato un incremento rispetto agli anni scorsi?
Stiamo osservando un significativo incremento legato anche al fatto che, per esempio, le persone in PrEP e quelle con infezione da HIV si testano di più. Diciamo che non abbiamo visto un decremento da quando questa esenzione è attiva in Lombardia, ovvero dal 2018. I numeri sono costantemente alti. Però non abbiamo osservato casi di super gonorrea.

Si dice che le autorità di salute pubblica abbiano il fondato timore che la gonorrea diventi un’infezione incurabile.
Dobbiamo pensare sempre in prospettiva di anni e anni. Noi siamo all’ultima linea di terapia antibiotica facile attualmente disponibile. Questo vuol dire che se un mio assistito ha una super gonorrea ha accesso al day hospital facilmente, se ce l’ha una donna africana non è così. Quindi il fatto che nei prossimi anni possa esserci un aumento delle resistenze è una preoccupazione reale. Anche qui però non sarei così allarmista e la limiterei soprattutto ad alcune realtà che non hanno accesso a tutti i farmaci, anche per altre patologie.

Stiamo relativamente tranquilli al momento, allora.
È una patologia sotto osservazione, però almeno nelle nostre realtà non vedo questo pericolo imminente.

Foto d’archivio