Se l’è vista brutta quest’anno il Festival di Ravello, non arrivavano i fondi. Ingloriosa fine per la creatura festivaliera di 72 edizioni, tra i più seguiti al mondo. Invece alla fine rivoltando il portamonete “pubblico” sono usciti due spiccioli. Troppo pochi per organizzare una rassegna all’altezza del nome che porta, il Festival di Wagner, che prende forma e anima sul belvedere di Villa Rufolo, quel palcoscenico naturale sospeso tra cielo e mare che il mondo intero ci invidia. Negli ultimi anni d’oro di programmazione con la direzione artistica del maestro Alessio Vlad sono venute le orchestre sinfoniche le numero uno al mondo. Quest’anno Roberto Bolle and friends e Fiorella Mannoia, artisti bravissimi, ma poco “ravelliani”. Adoro vederli a Sanremo ma lo straniero da Grand Tour si aspetta altro. Sarà accontentato con il Massimo del Teatro San Carlo, musiche di Wagner e Puccini e sublime voce soprano di Marina Rebeka, seguito dalla Sinfonica di Salerno. Quando si punta sulle eccellenze made in sud non si sbaglia mai.

E uscimmo a vedere le stelle, si inaugura il Grill dell’Hotel Caruso, il top, che fa capo al gruppo Richemont, la multinazionale svizzera che brilla e riunisce i marchi di lusso dell’hotellerie e delle maison di gioielliera tra le più scintillanti al mondo, Montblanc, Van Cleef & Arpels, Piaget, Vacheron Constantin, Jaeger-LeCoultre. Si accede al Grill attraverso l’antico percorso monastico meditativo, una cromia di colori della macchia mediterranea declinata in diverse tonalità. Per trasmettere pace, equilibrio, mistero. Mistero, perché qui si riesca nella politica di contenimento dei grandi numeri del turismo selvaggio che invece invade da Sorrento a Capri passando per Napoli. Qui i “caronti” delle navi da crociera si tengono alla larga. E si approda alla piscina dell’Hotel Caruso a sfioro infinito sulla costiera, in un unico colpo d’occhio abbraccia il Camino degli Dei, il mare e le nuvole in fuga, sembra di galleggiare nell’aria.

Subito le presentazioni: Emilia Filocamo, responsabile della comunicazione ma anche scrittrice esordiente con “WolfSkin”, romanzo su rituali e leggende popolari, ci accompagna in una promenade tra sapori e ricette centenarie. Come il guanciale e capocollo del Salumificio Gioi e salame al foie gras che Raffaele chiama foie maigre. Raffaele, avvocato, dopo aver lavorato al nord, ha riscoperto la creatività della terra madre. La scultura di cuori di carciofi in gerla di vetro assomiglia a un’ opera di Gio’ Ponti. Ci sono volute sette ore di sapienti mani per metterli in girotondo oltre a quelle per il raccolto. La racconta così, Francesco Vastola, patron dell’azienda agricola Maida, da 30 anni a gestione familiare. Insieme allo chef stellato Armando Aristarco sono i Genius Loci dell’Alta Gastronomia a kilometro zero che mandano a dire allo chef Bottura ( che sostiene che con l’Intelligenza artificiale si potranno replicare ovunque ricette perfette): “E’ solo una boutade”.

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