È arrivata la seconda richiesta di rinvio a giudizio nei confronti di Daniela Santanchè. La Procura di Milano ha chiesto il processo per falso in bilancio per la ministra del Turismo di Fratelli d’Italia – già imputata per truffa all’Inps – e per altri 16 indagati, tra cui il compagno Dimitri Kunz, l’ex compagno Canio Mazzaro, la sorella Fiorella Garnero e la nipote Silvia Garnero. L’indagine riguarda il dissesto delle società del gruppo editoriale Visibilia, fondato da Santanchè e da lei amministrato fino al dicembre del 2021.

La conclusione dell’inchiesta risale a metà aprile: secondo i pm Maria Gravina e Luigi Luzi, coordinati dalla procuratrice aggiunta Laura Pedio, Santanchè, tra il novembre 2014 e il dicembre 2021 (ossia nel periodo in cui è stata prima consigliera di amministrazione, poi amministratrice delegata e presidente, “nonché soggetto economico di riferimento del gruppo”), insieme agli altri amministratori ha “consapevolmente” esposto “nei bilanci di esercizio” fatti “materiali rilevanti non rispondenti al vero” per conseguire un “ingiusto profitto“, come si legge nel capo d’imputazione. Imputate, in base alla legge sulla responsabilità amministrativa degli enti, anche le tre società del gruppo: Visibilia Editore spa, Visibilia Concessionaria srl e Visibilia srl in liquidazione. L’ipotesi di bancarotta contestata agli amministratori, invece, è stata stralciata con richiesta di archiviazione, perché nessuna delle società è stata dichiarata insolvente. Dopo la chiusura indagini di fine marzo, il 3 maggio la Procura aveva già chiesto il rinvio a giudizio di Santanché nel fascicolo su una presunta truffa ai danni dello Stato sulla cassa integrazione Covid. Secondo l’accusa, la ministra e i suoi coimputati – Dimitri Kunz e il consulente Paolo Concordia – hanno ottenuto dall’Inps 20.117 ore di cassa, per un totale di 126.468 euro, per 13 dipendenti (sette di Visibilia Editore e sei di Visibilia Concessionaria) che in realtà hanno lavorato senza sosta per tutto il periodo della pandemia.

Nell’avviso di conclusione indagini per il falso in bilancio, l’accusa ricorda che nel periodo di gestione di Santanché Visibilia ha riportato “perdite significative e risultati reddituali operativi negativi” per milioni di euro, dagli oltre 1,5 milioni del 2019 fino agli oltre 3,5 milioni del 2021: dati che dimostravano una“sistematica incapacità del complesso aziendale di produrre reddito“. Malgrado ciò, sostengono i pm, gli ex amministratori imputati hanno abbellito i conti con vari trucchi, tra cui l’iscrizione “nell’attivo dello stato patrimoniale”, nei bilanci dal 2016 al 2020, della “voce avviamento“, ossia il valore intrinseco della società, per somme che vanno da 3,2 a oltre 3,8 milioni di euro “senza procedere”, invece, alla “integrale svalutazione” della posta già nel dicembre 2016. Tanto che, secondo la ricostruzione della Procura, già otto anni fa il patrimonio netto della spa avrebbe dovuto essere in rosso di quasi 3,6 milioni. Anche la voce “crediti per imposte anticipate” avrebbe dovuto essere svalutata, secondo i pm, già a fine 2016, così come quella delle “partecipazioni in imprese controllate”: le mancate svalutazioni, è la tesi, hanno permesso di indicare patrimoni netti positivi invece negativi per sette anni di fila.

La nuova imputazione a carico della ministra scatena le opposizioni. “E ora basta! C’è un numero minimo di processi penali che convincano la presidente Meloni a chiedere le dimissioni della ministra Santanché?”, si chiede in una nota la deputata Pd Debora Serracchiani, responsabile giustizia del partito. “Giorgia Meloni, quando era a capo dell’opposizione, chiedeva dimissioni per molto meno. Evidentemente, però, quando sei al governo e si tratta dei tuoi compari di partito, l’idea cambia velocemente e si fa strame delle istituzioni”, attacca. Anche Angelo Bonelli di Alleanza Verdi e Sinistra chiama in causa la capa del governo: “Il vero scandalo è la premier Meloni, che tollera che nella sua maggioranza ci siano ministri rinviati a giudizio”.

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