Urne aperte in Gran Bretagna, ed in controtendenza rispetto al trend di questa densa annata elettorale globale, oltremanica si prospetta già una drastica svolta a sinistra come non si vedeva dai tempi di Tony Blair. Se non più drammatica. I britannici erano stati colti di sorpresa dall’azzardo del premier Rishi Sunak che il 22 di maggio, inerme sotto la pioggia battente, aveva annunciato all’improvviso il voto anticipato il 4 luglio. Una mossa strategica per sfruttare a suo vantaggio i primi virgulti di ripresa dell’economia e schivare i pericoli alla sua reputazione vista la possibilità che i voli di migranti per il Ruanda, programmati proprio per la metà di questo mese, potessero restare a terra di nuovo.

Ma a conclusione delle sei settimane di campagna elettorale, i giochi sono già fatti da tempo. Per il leader dell’opposizione Keir Starmer che dal 2022 sta rimontando nei consensi sul premier, lo stacco dei 20 punti è rimasto solido come cemento nei sondaggi. Con una proiezione del 40 per cento di preferenze contro il 21 dei conservatori e, terzo partito, l’ultradestra di Reform Uk – guidato da Nigel Farage, leader dei pro Brexit – fermo al 16. I laburisti sono in corsa per una vittoria storica, l’incetta di 465 dei 632 seggi in Inghilterra, Scozia e Galles che se confermata potrebbe essere la maggioranza più ampia registrata dal partito dalla Seconda Guerra Mondiale. In Regno Unito la chiamano Supermajority che tradotto vuol dire “allarme estinzione per i conservatori”. Il governo Sunak potrebbe addirittura implodere riuscendo a conquistare solo 76 seggi. Un tracollo rispetto ai 365 seggi vinti da Johnson alle ultime elezioni del 2019.


Largo ai sondaggi
I partiti in gara dichiarano di volersi giocare la partita fino in fondo, ovvero le 22 di oggi (le 23 in Italia quando chiuderanno i seggi ed inizieranno gli scrutini. Sunak le ha sbagliate un po’ tutte, dai rocamboleschi tentativi di connettersi con la classe in sofferenza del paese raccontando di essersi privato di Sky TV per pagarsi gli studi, fino a mollare le celebrazioni per i veterani del D-Day in Francia per andare a fare un’intervista. Pur avendo incassato un colpo dopo l’altro (incluso lo scandalo di alcuni suoi candidati beccati a fare scommesse a pagamento sulla data del voto) il leader tory fa buon viso a cattivo gioco. Per lui ogni voto singolo conta, anzi ha calcolato che con 130mila elettori in più potrebbe fermare la supermaggioranza dei Labour.

“E’ disperato per non dire isterico” attacca Keir Starmer che ha già mezzo piede dentro casa sua, al numero 10 di Downing Street. Nessun governo è mai riuscito ad aggiudicarsi cinque mandati di fila quindi per i Tory la battaglia sarebbe già persa in partenza. La sfida è ancora più ardua per la classe politica dei conservatori bellicosi del post Brexit. Otto primi ministri in 5 anni, mentre tra scandali e pugnalate l’economia della sesta potenza mondiale andava in frantumi. Pare proprio che i britannici ancora feriti per il party gate e le difficoltà del carovita potrebbero prendersi la loro rivincita alle urne senza concedere le attenuanti della pandemia, della crisi energetica globale e della guerra in Ucraina.

Ma, per stare ai sondaggi, un britannico su otto è ancora indeciso. Tra questi i due terzi sono donne ed il 40 per cento aveva votato Boris Johnson nel 2019. Oltre agli indecisi, secondo Ipsos, c’è un 36 per cento di votanti (erano il 27 nel 2019) che potremmo chiamare “volatili” e che potrebbero cambiare idea all’ultimo minuto. Per smuovere gli animi, l’incantatore di folle Boris Johnson è stato fatto tornare dal dimenticatoio a fare di nuovo scintille di fronte ad un leggio su cui, a questa tornata elettorale, al suo celebre Get Brexit Done, è stato sostituito il motto del suo ex cancelliere dimissionario Sunak: Clear plan, bold action, secure future – Piani certi, azioni audaci, sicurezza per il futuro – che non suona certo come i fuochi d’artificio, ma come una mossa strategica per arginare la fuga degli elettori conservatori, gli stoici aficionados di Johnson, verso l’ultra destra di Nigel Farage.

I voti tattici
A rompere la monotonia di una campagna scontata, ecco Nigel Farage, ex paladino della Brexit che ritrova la sua causa populista come leader del partito di ultradestra, Reform Uk. Il ritorno del politico “disturbatore” ha infervorato la pancia degli inglesi delusi dal cattivo esito della stessa uscita del Regno Unito dall’Ue e dall’aumento degli immigrati, legali e clandestini, nonostante le promesse dei conservatori. Ma anche la scalata di Farage, all’ottavo tentativo di diventare un deputato a Westminster, ha subito battute d’arresto quando in un’intervista ha suggerito che l’Europa e l’Occidente abbiano provocato l’aggressione di Putin in Ucraina, e soprattutto dopo la defezione di alcuni candidati di Reform dopo gli attacchi razzisti di alcuni esponenti del partito contro Sunak. I liberaldemocratici, che fanno campagna (gli unici) per rientrare nella Ue e per la qualità delle acque britanniche, potrebbero smuovere l’ago elettorale in modo tattico. Il leader Ed Davie ha passato la campagna elettorale sottoponendosi alle più paradossali prove di tempra politica come fare bungee jumping o surfing, cadendo nelle acque inquinate della Cornovaglia. Le bravate di Davie sono dirette ad attrarre i voti di circa 250mila conservatori delusi nelle aree sud dell’Inghilterra – tra cui il collegio dell’ex premier Theresa May – e rinascere come il vero partito di partito di opposizione (hanno il 13.4 di possibilità nei modelli dell’Economist).

La nuova era laburista di Starmer
“Il cambiamento può avvenire solo se lo votate” è stato l’appello conclusivo di Starmer che ha cercato di convincere gli elettori con il mantra: “Basta con il caos di 14 anni di governo tory, è ora di voltare pagina e cambiare il Paese”. Change è il grande slogan che sta preparando dal 2020 quando è diventato leader dei laburisti dopo la colossale sconfitta di Jeremy Corbyn, schiacciato da Boris Johnson, ereditando un partito in crisi di identità. Per lui cambiare il partito ha voluto dire una virata più al centro. Ma dalla sua retromarcia sul secondo referendum sulla Brexit ai grandi temi come immigrazione, Gaza e tasse, il 50 per cento dei britannici ancora non ha chiaro il suo manifesto. E – nonostante le foto scattate alle partite dell’Arsenal e al concerto di Taylor Swift – un britannico su 5 lo considera privo di personalità, alcuni lo hanno addirittura chiamato “robot politico“.

Starmer – 61 anni, sposato e padre di due figli – è di fatto un deputato solo dal 2015 e in campagna elettorale ha fatto leva sulla sua estrazione umile. Il padre operaio e la mamma infermiera affetta da una malattia rara, lo hanno chiamato come il fondatore scozzese dei labour, Keir Hardie, e in casa tiravano la cinghia (lui invece ha rinunciato al telefono perché non riuscivano a pagare le bollette) come ha ripetuto ad ogni occasione. Ma poi la laurea ad Oxford e la carriera di successo come pubblico ministero, a combattere casi di terrorismo e diritti umani che gli è valsa il titolo di baronetto. Il suo tormentone è “Prima viene il Paese poi il partito“. Se, come quasi certo, sarà eletto le sue priorità saranno stimolare la crescita economica (istituirà ad esempio il GB Energy, una compagnia pubblica la produzione di energia made in Scotland) e avviare la riforma dei servizi pubblici, a partire da sanità – e ha già promesso 40mila appuntamenti in più alla settimana negli ospedali – e scuola con 6500 nuovi insegnanti.

Un cambiamento “tiepido” – sostengono in molti – in un Paese in cui la crescita del Pil è ancora troppo lenta e in cui austerità è la parola che non si può nominare. Ma la visione di Starmer è di lungo periodo ed il suo asse centrale è attrarre investimenti privati per finanziare le riforme che promette senza alzare le tasse, affogare nel debito pubblico o tagliare le opere pubbliche. Per questo tra le prime mosse come primo ministro cercherà di migliorare gli accordi commerciali con la Ue anche se (almeno per ora) ha detto un no netto al ritorno all’unione doganale e alla libera circolazione delle persone. In un momento storico segnato dalle incertezze politiche in Ue, Francia e negli Stati Uniti, il trittico promesso dal futuro premier Starmer come stabilità economica, crescita e creazione di ricchezza può sicuramente essere musica nelle orecchie dei mercati finanziari che dopo le mosse kamikaze dell ex premier Liz Truss ora potrebbero ritrovare fiducia nella Gran Bretagna come una delle piazze europee più stabili.

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