È diventata un pasticcio la questione dei fischi al ministro della Cultura Sangiuliano durante il festival di Taormina e la loro sostituzione con applausi finti nella trasmissione messa in onda dalla Rai. A contribuire alla confusione è stata la nota con cui viale Mazzini ha cercato di spiegare l’accaduto, respingendo ogni addebito ma finendo per peggiorare la situazione. “In riferimento al presunto intervento sugli effetti sonori durante l’intervento del ministro della Cultura Sangiuliano – si legge – Rai precisa che il programma non è una produzione interna, ma è stato fornito dall’Associazione Taormina Book Festival, che lo ha realizzato, curandone ogni aspetto produttivo, senza alcun coinvolgimento di mezzi e personale Rai”. La colpa, insomma, è stata degli organizzatori, a cui “l’azienda chiederà comunque spiegazioni per fare completa chiarezza su quanto accaduto”.
Una spiegazione, quella di viale Mazzini, che ha alimentato la polemica, specie da parte del più grande sindacato interno alla tv di stato: “Con un comunicato stampa la Rai ancora una volta certifica il baratro in cui è finito il prodotto informativo del Servizio pubblico – ha fatto sapere Usigrai in una nota – Affidati in esterno, i contenuti che poi finiscono nei programmi informativi e nei tg della Rai non hanno alcun controllo editoriale da parte delle strutture giornalistiche. Per questo da anni chiediamo, inascoltati, di riportare dentro il perimetro Rai la produzione di immagini e dei prodotti di informazione”. Evidente proprio il riferimento al lavoro di post produzione dell’evento di Cortina, con una sostituzione di effetti sonori (appalusi falsi al posto di fischi davvero) risultata davvero kafkiana, senza che nessuno in Rai sia intervenuto per evitare la figuraccia (almeno a non voler essere maligni). Anche per questo motivo l’Usigrai non ha usato parole leggere: “Se la ‘più grande industria culturale del Paese’ non è in grado nemmeno di verificare quello che manda in onda – fa sapere il sindacato -, chi dirige l’azienda deve trarne le conseguenze o mostrare di avere soluzioni in grado di rispondere alle legittime attese di cittadini e dipendenti. Gli uni e gli altri interessati alla credibilità della Rai; i primi perché pagano il canone – conclude la nota – e i secondi perché ci lavorano a garanzia del prodotto che forniscono agli utenti“.
Tutta la vicenda, ovviamente, non poteva non avere risvolti politici. “Piccoli escamotage di montaggio hanno addirittura fatto credere ai telespettatori che il ministro sia stato applaudito durante la serata” hanno detto i deputati democratici della commissione Cultura della Camera, che poi hanno rincarato la dose: “Quanto andato in onda è vergognoso, degno della televisione di stato di Kim Jong-un. Questa è la stampa di regime non quella contro cui si scontra ideologicamente ogni giorno la presidente del consiglio Meloni”. Il Movimento 5 Stelle, dal canto suo, ha annunciato una interrogazione: “Ieri sera è andata in onda sulla Rai l’ennesima puntata del Minculpop meloniano – ha detto il capogruppo M5S in commissione di vigilanza Rai Dario Carotenuto – Presenteremo un’interrogazione per capire le precise responsabilità di quanto accaduto. Anche se si tratta di un programma di acquisto chiuso e non di una produzione Rai. In ogni caso – ha aggiunto l’esponente pentastellato – vogliamo che venga fatta luce in maniera dettagliata e al più presto, perché è inaccettabile che la TV pubblica sia degradata a organo di promozione del governo che censura le contestazioni”. Poi la chiusura, ancora più polemica: “Domanda: ma se a Serena Bortone sono stati inflitti sei giorni di sospensione – è scritto – per un episodio simile che sanzione dovrebbe ricevere il responsabile?”.