di Valerio Pocar
Il governo di destra e in particolare colei/colui che ufficialmente ne detta ed esprime le opinioni ci ha abituato da tempo ad ascoltare frottole spacciate per verità, con l’arrogante sicumera di chi sa di poter mentire senza un contraddittorio al quale si sottrae. Finora le bugie hanno riguardato i mirabolanti successi del governo nei campi dell’economia, del lavoro, delle migrazioni, della politica estera e in tanti altri ancora. Da ultimo si sono aggiunte le frottole in merito ai “successi” conseguiti nelle recenti elezioni per il Parlamento europeo. Esauritisi i ballottaggi delle amministrative, possiamo trarre un bilancio.
Già in occasione delle elezioni politiche del 2022 la destra millantò un esito favorevole non corrispondente alle sue vere dimensioni, proclamando che “gli italiani ci hanno dato il potere”, e così ritenne e ritiene di legittimare ogni piccolo o grande sopruso. Quanti furono gli italiani, però? Già nel 2022 il vero partito maggioritario fu quello dell’astensione – con scelte variegate e tutte deplorevoli – quando espressero il voto soltanto in 29.413.505, pari al 63,91% degli aventi diritto (ci riferiamo alle elezioni per la Camera, più utili a un confronto con le Europee). Pertanto, lungi da rappresentare la maggioranza della popolazione, gli elettori di destra ne rappresentarono una minoranza: Fratelli d’Italia non espresse affatto il 25,92% degli italiani, ma solo il 16,56; la Lega non l’8,79 ma il 5,61: Forza Italia con Noi Moderati non l’8,11 ma il 5,18. Tutti insieme non il 42,82% ma il 27,35, una sia pur consistente minoranza degli elettori, ma non certo la schiacciante maggioranza millantata.
In occasione delle elezioni europee la stessa frottola è stata di nuovo raccontata. Il partito dell’astensione ha aumentato la sua consistenza. sempre e ancora con scelte deplorevoli – e ha raggiunto il 50,31% degli aventi diritto. Ridottosi il numero dei votanti, le percentuali sono apparentemente cresciute per tutti i partiti, sia a vantaggio sia a svantaggio, ingigantendo il risultato. La leader di FdI ha mostrato esultanza, millantando una conferma, anzi un aumento del consenso popolare (28,8 per cento dei votanti); Fi, raggiunto l’obiettivo di superare la Lega compagna di governo, si è rallegrata del successo ottenuto (9,6); la Lega, confortata dal successo del generale, ha tirato un sospiro di sollievo, lieta di non aver subito la temuta débacle, mantenendo il 9,0. Anche all’opposizione c’è chi si dichiarato molto soddisfatto, il Partito Democratico per essere salito oltre il previsto (24,1 per cento, rispetto al 19,04 delle politiche) e AlleanzaVerdiSinistra avendo raggiunto un risultato inatteso (6,7 rispetto al 3,64). Saltiamo la valutazione del risultato dei partiti minori e di quelli del cosiddetto terzo polo, esclusi per via della soglia di sbarramento, e prendiamo atto della sconfitta del M5S, precipitato dal 15,43 per cento del 2022 al 9,9 nel 2024.
Ma, nel bene e nel male, queste considerazioni hanno un aggancio con la realtà? Sì, se si ragiona sulle percentuali rispetto ai votanti, ma non se si ragiona sul numero assoluto dei voti espressi. Nel 2024 l’esito è stato ben diverso se si confronta coi risultati del 2022, giacché hanno votato circa 2.700.000 elettori in meno che alle politiche del 2022.
Se prendiamo in considerazione i votanti, la maggioranza di governo ha perduto voti: FdI 615.705, Lega 377.995 e Fi con Noi Moderati 44.437 e così complessivamente le forze di governo sono andate sotto di più di un milione di voti, ad onta dell’apprezzamento dei pretesi mirabolanti risultati dell’azione governativa: insomma, un insuccesso. Viceversa Pd e Avs possono davvero rallegrarsi, avendo visto crescere il numero dei loro elettori, rispettivamente 238.202 e ben 537.102 in più. Malconcio è uscito il M5S, fortemente ridimensionato non solo in termini percentuali, ma nel numero di voti reali, perdendo 2.017.650: da 4.335.494 a solamente poco più di due milioni.
Se si pongono a confronto la diminuzione del numero dei votanti da una parte e, dall’altra, il numero dei voti persi dalle forze di governo e dal M5S e il numero dei suffragi acquisiti dai due partiti premiati dagli elettori, sia pure in misura non esaltante, i conti tornano. Resterebbe da svolgere, beninteso, un’analisi dei flussi elettorali e soprattutto delle ragioni delle scelte elettorali e dell’astensionismo. Intanto, però, due dati restano non discutibili: da un lato, che le forze di governo hanno perso consensi e, dall’altro, che le medesime forze di governo rimangono minoritarie nel Paese.
In seguito ai ballottaggi delle amministrative ci aspettavamo una terza frottola, ma non è stato così, giacché l’evidenza del risultato non l’ha consentito: quando si gioca uno contro uno o si vince o si perde, e i ballottaggi raggrumano alleanze che prima delle votazioni non riescono a coagularsi. Come conseguenza, anziché raccontare la solita frottola, la destra ha reagito con stizza e con livore, all’insegna del consueto vittimismo, fino al ridicolo (“contro di noi un clima da guerra civile”). Qualcuno, furbamente, si è affrettato a chiedere l’abolizione degli stessi ballottaggi. Insomma, le sberle fanno male, soprattutto ai bulli.
Per concludere, sia consentito l’auspicio campanilistico di un milanese. A Milano è nato il fascismo e quivi è morto a testa in giù. A Milano è nato il craxiberlusconismo e qui ha preso le prime scoppole. Alle ultime Europee a Milano il Pd è risultato il primo partito e Avs addirittura il terzo. Chissà mai?
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