Ieri, giovedì 4 luglio, alla Camera il governo ha preso parte alla cerimonia di commemorazione delle vittime sul lavoro. Presenti i ministri del Lavoro Calderone, della Giustizia Nordio, dell’Agricoltura Lollobrigida, della Cultura Sangiuliano, e quello per i Rapporti con il Parlamento Ciriani. Lapresidente del Consiglio Giorgia Meloni ha inviato un messaggio: “Dietro ai freddi numeri e alle statistiche ci sono volti, storie, famiglie, persone in carne ed ossa. Ed è nostro compito pensare a quelle persone, quando si fanno delle scelte e si prendono delle decisioni”, ha scritto, precisando che “in questi mesi abbiamo disposto l’assunzione di 1.600 ispettori del lavoro in più, con l’obiettivo di raddoppiare il numero delle ispezioni durante il 2024″. Per dimostrare che si fa sul serio, la ministra Marina Calderone ha fatto sapere che “ieri c’è stata la più grande operazione di vigilanza mai effettuata in un sola giornata: 310 aziende agricole sono state ispezionate”, nelle quali sono state riscontrate “irregolarità per oltre il 66%”, non soltanto sulla sicurezza sul lavoro, ma anche in merito alle gestione dei rapporti con gli occupati. Bisogna però ricordare che il tasso di irregolarità è tale ormai da diversi anni e che le aziende agricole in Italia sono 400.000, cifra che ridimensiona ogni facile entusiasmo. “Le 310 aziende ispezionate restano una goccia nel mare e sul caporalato non vediamo novità incisive”, denuncia l’USB. Quanto all’aumento degli ispettori e al raddoppio delle ispezioni, se il primo obiettivo è tutt’altro che scontato, il secondo rischia che i numeri sul sommerso, come ha già scritto il Fatto, si facciano a scapito di altri illeciti e tutele, a vantaggio di grandi aziende e mega appalti.

Andiamo con ordine e a partire dalla promessa di assumere 1.600 nuovi ispettori. Inps e Inail hanno subito per anni il blocco delle assunzioni che, insieme ai fisiologici pensionamenti, ha ridotto il numero degli ispettori, oggi appena un migliaio in totale. Un emendamento al decreto Agricoltura, che ha ricevuto ieri il primo via al Senato, ha autorizzato i due istituti ad assumere 514 nuovi ispettori da destinare alla lotta al caporalato e al lavoro sommerso, dove il Pnrr pretende ispezioni raddoppiate entro il 2026. Concorsi ancora da bandire, vedremo quando. Ciò detto, Inps e Inail c’entrano come i cavoli a merenda visto che oggi Meloni ha parlato di “ispettori del lavoro”, i dipendenti dell’INL che entro luglio promette di preparare un bando che, però, non supererà i 750 posti, con immissioni in ruolo che non arriveranno prima dell’anno prossimo. A questo si potrebbe aggiungere la proroga a fine 2025 delle vecchie graduatorie, prevista nel pacchetto di norme inserite da Calderone nel decreto Pnrr a fine febbraio. L’obiettivo è quello di rimediare alle assunzioni degli ispettori andate a vuoto dopo l’ultimo concorso. Ma c’è forse un eccesso di ottimismo: gli idonei erano stati più di 1500 per un totale di 1174 posti da ispettore tecnico, ma dopo un anno ne sono stati assunti appena 680, la metà. Perché gli altri vincitori hanno rinunciato al posto per la poca compatibilità tra salario, competenze, responsabilità e disponibilità richieste, a partire dal lavorao fuori sede con i relativi costi. Tanto che gli ispettori Inl sono convinti che anche il prossimo concorso finirà allo stesso modo. O peggio, visto che stavolta il bando sarà su base regionale e i posti sono solo da Roma in su, dove si registrano le peggiori carenze in organico. Questo per evitare, come accaduto in passato, che i vincitori assunti chiedano poi l’immediato trasferimento. Anche senza calcolatrice, per adesso i conti di Meloni non tornano. Numeri alla mano, al 31 dicembre scorso gli ispettori INL erano 3.222, di cui 877 tecnici. “Ma viste le carenze anche nell’organico amministrativo e le conseguenti incombenze per gli ispettori, quelli che davvero escono per le ispezioni non sono più di duemila“, fanno notare i sindacati.

Anche la promessa di raddoppiare le ispezioni necessita di alcuni distinguo. A cominciare dal provvedimento inserito nel decreto legislativo approvato mercoledì 3 luglio dal governo per attuare la legge annuale sulla concorrenza, che libera dai controlli le aziende che risulteranno in regola dopo un’ispezione. Se gli ispettori rilevano la “conformità agli obblighi e agli adempimenti imposti dalla disciplina di riferimento”, l’impresa avrà certezza di non subire ulteriori visite nei dieci mesi successivi. L’idea è quella di liberare energie per allargare il perimetro vigilato, il rischio è quello di chiudere gli occhi per un periodo molto lungo. Del resto l’obiettivo dichiarato è quello di scovare lavoratori in nero a tutti i costi, perché a non centrarlo c’è il rischio di perdere i fondi del Pnrr. Così è stata cambiata la strategia. Come? Per la vigilanza ordinaria, hanno spiegato i sindacati al Fatto, la nuova Direttiva II livello adottata nei mesi scorsi dall’INL si basa su un metodo matematico che “non considera la specificità dei territori e degli uffici, né la particolarità di situazioni soggettive meritevoli di tutela”. L’Inl ha sempre avuto a che fare con obiettivi numerici per gli accessi ispettivi, “ma prima di questo governo si teneva conto anche del numero di lavoratori tutelati: è decisamente più impegnativo e dispendioso un accertamento su 300 dipendenti per recupero contributivo che quello fatto su un solo lavoratore”, osservano i sindacati. “Invece la nuova Direttiva fa tabula rasa della maggior parte delle tutele che noi ispettori possiamo offrire ai cittadini”.

Insomma, i controlli si potranno forse raddoppiare, ma a che prezzo? Si è deciso di considerare performanti “soltanto alcuni tipi di illeciti, mentre un numero vastissimo di violazioni, spesso ricorrenti, non è considerato come standard di qualità”, spiegano i sindacati. “Così si incentivano interventi veloci per moltiplicare i numeri, ispezioni finalizzate solamente al sommerso, che spesso colpiscono piccoli artigiani e commercianti, a tutto vantaggio dei grandi gruppi o dei grandi appalti ove spesso si annidano fenomeni di più rilevante illegalità”. E che si nutrono dei famosi appalti a cascata, con le famigerate catene di subappalti che spesso fanno da sfondo a tragedie come quelle del cantiere Esselunga di Firenze. Una “ipocrisia” che i sindacati riscontrano anche nel contrasto al caporalato. “Calderone parla di 310 aziende ispezionate in un giorno? Sia chiaro che è una goccia nel mare”, dice Stefano De Angelis, responsabile lavoro agricolo USB. “Mi sembrano numeri buoni solo per darli alla stampa all’indomani dei drammi successi, ma non si vedono provvedimenti maggiormente coercitivi nei riguardi delle aziende. Non c’è alcun collegamento tra irregolarità e ricezione dei fondi Pac (Politica agricola comune)”, i contributi europei e nazionali all’agricoltura italiana. “Tantomeno vedo azioni nei confronti di chi è all’apice della filiera, dai grandi gruppi dell’agroindustria alla grande distribuzione organizzata che di quelle filiere si nutre”, conclude.

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