Scappa dagli integralisti somali e intraprende il viaggio dei migranti per poter gareggiare alle Olimpiadi di Londra. La storia della giovane 200metrista Samia, diventata prima romanzo di Giuseppe Catozzella intitolato Non dirmi che hai paura (Feltrinelli), poi film diretto da Yasemin Samdereli, è ora uno spettacolo teatrale musicale. La prima assoluta va in scena l’8 luglio 2024 al Teatro Alighieri di Ravenna nell’ambito del nell’ambito della XXVIII edizione de Le vie dell’amicizia, iniziativa promossa dal Ravenna Festival, fortemente voluto dal Maestro Riccardo Muti e dalla moglie Cristina Mazzavillani Muti, presidente della kermesse. La regia è di Laura Ruocco, ballerina, coreografa, attrice e docente di teatro musicale, d’origine ravennate, che debutta al Festival misurandosi con la regia. Mentre la drammaturgia è nata ben sei anni fa da un’idea dell’attrice che sul palco interpreta Samia, Giorgia Massaro e dallo stesso Catozzella. Il film, invece, una produzione franco-belga-italiana, ha avuto la sua prima mondiale 9 giugno scorso, come unico film italiano in concorso al prestigioso Tribeca Film Festival diretto da Robert De Niro.
Non dirmi che hai paura è tratto dalla storia vera di Samia Yusuf Omar, l’atleta somala che con grande talento, sogni e determinazione, arrivò a gareggiare nei 200 metri femminili alle Olimpiadi di Pechino del 2008. Nonostante la mancanza di risorse e una preparazione limitata a causa del contesto socio-politico del suo Paese, Samia si fa notare. Così, al ritorno dalla Cina, con in testa l’obbiettivo delle Olimpiadi di Londra, Samia abbandona la Somalia, oramai in pieno regime integralista e intraprende il viaggio dei migranti, unica soluzione per poter gareggiare e arrivare in Inghilterra. Il suo cuore è già a Londra, ma il comitato olimpico di Mogadiscio non riesce a farle avere i documenti necessari, lasciandola clandestina. Sola, Samia decide di partire, attraversando l’Etiopia e il Sudan. Attraverso il Sahara, raggiunge la Libia con l’obiettivo di arrivare in Italia via mare, ma quel viaggio si rivela fatale.
“Ci sono storie che tu leggi e per le quali ti senti responsabile. Quella di Samia è una di queste. Quando l’ho letta, ho avuto di istinto la necessità di continuare a raccontarla“, spiega la regista Laura Ruocco che ha iniziato a lavorare a quest’opera sei anni fa. “Non sapevo bene come e quando, ma sapevo che avevo bisogno di fare da eco rispetto alla narrazione che ci ha consegnato Giuseppe Catozzella. Per me la storia di Samia è sogno, passione, talento attraverso gli occhi di una bimba di otto anni e, successivamente, quelli di una ragazzina di diciassette. La corsa è una sequenza di passi in cui l’appoggio del piede segue una fase di volo. Per me la storia di Samia è un volo. Non solo per il suo sport, la corsa; ma soprattutto per la sensazione di determinazione e libertà che si respira dalla personalità di questa giovane ragazza somala. E’ aria, velocità, gioco, libertà appunto, ma anche lavoro, disciplina, sudore”.
“Era l’agosto del 2012 – racconta Catozzella –. Io ero al confine tra Somalia e Kenya e stavo lavorando al romanzo che sarebbe uscito dopo e che si sarebbe intitolato Il grande futuro. Ai tempi ero con un ragazzo ex fondamentalista Al-Shabaab che era uscito dal gruppo armato e aveva voglia di raccontare la propria storia. Una mattina, mentre facevo colazione, il portavoce del Comitato olimpico somalo ricorda la morte di Samia, l’atleta 21enne morta in mare con il sogno di competere ai Giochi di Londra. Quello è stato l’istante in cui ho saputo che me ne sarei occupato. È stato come un colpo di fulmine. Ricordo ancora la difficoltà che ci misi nel mettere insieme la loro storia, perché avevo necessità che qualcuno che l’aveva amata e la conosceva bene me la raccontasse. E la fonte principale fu sua sorella, partita prima di lei verso l’Europa e arrivata dopo tre mesi ad Helsinki. La cosa più difficile è stata strappare dal dolore la storia viva di questa persona. Ricevere il racconto da chi l’amava è stato un processo molto doloroso”.
Patrocinato da Unhcr e dal Coni, lo spettacolo fa luce sul tema dell’inclusione e riflette sull’importanza del programma olimpico per i rifugiati, un’iniziativa del CIO nata nel 2016 per sostenere gli atleti costretti a fuggire dai propri Paesi a causa di situazioni politiche avverse. L’opera, unica trasposizione teatrale ufficiale del libro omonimo, con adattamento curato dallo stesso autore Giuseppe Catozzella, precede – tra l’altro – di poche settimane l’inizio dei Giochi di Parigi: un tempismo perfetto.
Giorgia Massaro è un’eccezionale protagonista nei panni di Samia, ma accanto a lei anche nomi molto noti come quello di Jonis Bascir (il padre Aabe), di Helen Tesfazghi (la sorella Hodan). E poi ancora alcuni protagonisti della scena del teatro musicale come Brian Boccuni (Ahmed) , Maria Chiara Di Giacomo (la madre) e Elisa Lombardi (Fawday), personaggio creato apposta per la trasposizione teatrale, una sorta di coro greco e coscienza. Le scenografie sono di Matteo Benvenuti, le luci di Emanuele Agliati. Mentre gli arrangiamenti musicali sono di Alessandro Baldessari a cui si aggiungono, nientemeno che le musiche di Peter e Jill Gabriel, eseguite su licenza di Real World Music Ltd. La pièce è teatrale si avvale del contributo cinematografico di Alessandro Parrello che ha realizzato delle scene cinematografiche ad hoc a corredo dello spettacolo.