Nel calcio italiano dove chi sbaglia rimane sempre al suo posto, la restaurazione inizia dagli arbitri: nonostante una gestione non certo brillante delle ultime stagioni, gli organi tecnici dell’Aia sono stati tutti confermati. A partire da Gianluca Rocchi, fedelissimo del presidente federale Gabriele Gravina, che rimarrà designatore della Serie A addirittura per i prossimi due anni.

Il segnale mandato dalla FederCalcio all’indomani del disastro europeo, col presidente Gravina incollato alla poltrona forte di un sistema di potere praticamente inattaccabile, è molto chiaro: vietato cambiare, bisogna mantenere a tutti i costi l’ordine costituito. Ed è lo stesso principio che è stato adottato dai vertici dei fischietti. La conferma di Rocchi in realtà era abbastanza annunciata. Non che goda di fiducia incondizionata dentro e fuori al movimento, anzi: la sua nota vicinanza a Gravina, che lo desiderava anche presidente Aia (ma non avrebbe avuto lo stesso maxi-stipendio che guadagna da designatore), è un’arma a doppio taglio, così come alcune sue uscite non sono piaciute a tutti.

Per non parlare del malcontento diffuso dei tifosi per la totale mancanza di autocritica. Sostituirlo sarebbe stato un messaggio forte, di grande discontinuità nei confronti della gestione recente e anche delle intromissioni politiche della FederCalcio. Invece non ci sono stati colpi di scena, anche per mancanza di alternative. L’unico nome spendibile era quello di Daniele Orsato, che però al momento è ancora impegnato agli Europei, mentre la Federazione spingeva per avere subito le nomine, e comunque non avrebbe fatto sgarbi al collega ed amico Rocchi.

Ancora più sorprendente, però, l’immobilismo delle cariche nelle categorie inferiori, dove dei nomi diversi di alto livello erano circolati. Lo stesso Orsato, ad esempio, avrebbe potuto essere una risorsa importante e iniziare un percorso da designatore dalla Serie C, se solo si fosse atteso il suo ritorno da Euro 2024, oppure Stefano Braschi. Per il calcio a 5 si era parlato di Alessandro Malfer, tra i migliori fischietti di futsal tanto da aver arbitrato in passato Final Four della Champions e finale degli Europei. Nulla, resta tutto così com’è: Maurizio Ciampi in Can C, Alessandro Pizzi nei Dilettanti, Francesco Falvo nel futsal. Cambia solo il settore tecnico, dove al posto del criticato Matteo Trefoloni, che ha scelto di fare un passo indietro (e per cui si parla comunque di un incarico con la Federazione), arriva Antonio Damato. Tra veti incrociati e le pressioni della Figc, ha prevalso lo spirito di conservazione, anche da parte della minoranza che in teoria avrebbe dovuto spingere per il cambiamento.

Il risultato dovuto a questo stallo la dice lunga sul clima alla vigilia delle ormai prossime elezioni. L’associazione da mesi è dilaniata dalle tensioni e spaccata in almeno tre fazioni: la maggioranza del presidente Carlo Pacifici e del suo vice Alberto Zaroli, vicina a Gravina; l’opposizione che fa riferimento all’ex presidente Alfredo Trentalange e Duccio Baglione, e poi una terza proposta che fa riferimento ai dirigenti Michele Affinito e Antonio Zappi, figura manageriale attualmente a capo del Veneto. Una situazione di totale incertezza, acuita dalla mossa di Gravina di anticipare le elezioni federali al 4 novembre, costringendo tutte le componenti a votare prima a loro volta.

Dopo che la Figc aveva già provato a cambiare le regole elettorali, salvo poi dover ripiegare su una soluzione di compromesso (no al suffragio universale, si all’allargamento del voto a mille delegati), di cui uno dei primi effetti è la durata biennale del designatore Rocchi, ruolo temutissimo dai patron di Serie A, a cui la contiguità col potere politico toglie trasparenza e credibilità. Ad oggi è davvero difficile immaginare chi potrà prendere in mano la disastrata associazione dei fischietti, con lo spettro del commissariamento (quindi un’ulteriore invasione sulla terzietà degli arbitri) sempre all’orizzonte. Altro che rivoluzione.

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