Per la prima volta dopo quasi nove mesi di guerra, il manager di Oxfam Waseem Mushtaha è tornato nella Striscia di Gaza dove ha incontrato per poche ore la sua squadra di colleghi. In quest’audio inviato all’organizzazione racconta l’impatto emotivamente molto pesante con la vista della sua città distrutta. Le macerie, la povertà, la mancanza di cibo. “Le strade sono piene di rifiuti e di acque delle fogne. Al mercato abbiamo trovato solo cibo in scatola molto costoso. Incontrare i miei colleghi mi ha provocato un mix di emozioni: felicità per essere ancora insieme, ma anche tristezza per tutto quello che c’è intorno. Per i morti e per la distruzione”.

In queste ore l’esercito israeliano ha emesso un altro ordine di evacuazione, dato con scarsissimo preavviso, intimando alla popolazione di abbandonare la zona di Khan Younis est. “La decisione – è l’allarme di Oxfam – è un’aperta violazione del diritto internazionale umanitario e della Convenzione di Ginevra, perché costringe decine di migliaia di famiglie a fuggire senza un corridoio umanitario, verso una cosiddetta zona sicura, già sovraffollata, dove manca tutto e continuano a susseguirsi gli attacchi che hanno ucciso dei civili”.

Nell’area definita sicura continuano a susseguirsi attacchi che rendono pressoché impossibile l’aiuto umanitario. “Il nostro personale al lavoro nell’area ci dice chenegli ultimi giorni i bombardamenti si sono intensificati, che le persone non hanno niente per vivere, costrette ad accamparsi per strada, senza il minimo accesso a servizi igienici adeguati. In queste condizioni il rischio di diffusione di malattie è altissimo. – ha dichiarato Paolo Pezzati, portavoce per le crisi umanitarie di Oxfam Italia – Spingere altre centinaia di migliaia di persone verso questa ‘trappola mortale’ è disumano ed è l’ennesima violazione del diritto internazionale umanitario. Ancora una volta, assistiamo a un’evacuazione di massa per ordine dell’esercito israeliano, che ignora il diritto alla sicurezza e alla dignità. Le aree che Israele ha definito “sicure” e dove dovrebbe essere garantito l’accesso umanitario non lo sono affatto. Decine di migliaia di famiglie vengono costrette a scegliere se restare in una zona di combattimento attiva o trasferirsi in un luogo sovraffollato e pericoloso“.

Questo racconto fa parte di una serie di testimonianze Voci di Gaza’ raccolte dagli operatori e dai manager di Oxfam a Gaza che ilfattoquotidiano.it ha deciso di pubblicare. L’obiettivo è avere un racconto in prima persona da parte dei civili a Gaza, coloro che stanno pagando il prezzo più alto del conflitto.

LA PETIZIONE – Oxfam ha lanciato una raccolta firme (si può aderire qui) per “fermare tutti i trasferimenti di armi, componenti e munizioni utilizzate per alimentare la crisi a Gaza”. Un appello rivolto ai governi perché non siano “complici delle continue violazioni del diritto internazionale, adempiendo ai loro obblighi legali e garantendo un cessate il fuoco permanente al più presto”.

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