Le corsie bloccate in entrambi i sensi di marcia, la raffica di colpi di kalashnikov contro il mezzo, quindi l’esplosivo per far saltare in aria il blindato e la fuga verso le campagne con il bottino. Un’azione rapidissima, preparata in ogni dettaglio. Un’operazione paramilitare. Se ne contano diverse ogni anno da Nord a Sud e spesso hanno una matrice in comune, come accertato da molteplici indagini: le bande di Cerignola e del Nord Barese. Così ora che c’è da ricostruire l’ultimo assalto, avvenuto a circa 200 chilometri dalla “base” di questi specialisti, l’indagine punta dritto verso di loro. Ore 8.30 di giovedì 4 luglio, superstrada 613 tra Brindisi e Lecce. All’altezza di Torchiarolo, al confine tra le due province, scoppia l’inferno. Stando a quanto ricostruito finora dagli investigatori dei Carabinieri, l’azione dura pochi minuti e in campo ci sono almeno una dozzina di malviventi.
Il primo step è la “gabbia” costruita per incastrare il furgone del Gruppo Battistoli e rallentare l’arrivo delle forze dell’ordine: vengono incendiate 6 auto e un furgoncino per isolare entrambi i sensi di marcia della superstrada 613. A quel punto parte l’assalto vero e proprio dei banditi “vestiti da guerra”, ha raccontato una testimone: un’auto affianca e sorpassa il portavalori. Probabilmente vengono anche isolate le telecomunicazioni con l’uso di strumenti ad alta-tecnologia, come i jammer, in grado di inibire le frequenze. Partono raffiche di mitragliatori Ak-47 all’indirizzo del mezzo, costringendo le guardie giurate ad arrestare la marcia e scappare a piedi. Qui inizia la fase 2: la banda piazza un ordigno sotto il furgone e fa esplodere i portelloni così da “liberare il bottino”. Dentro ci sono 3 milioni di euro, prelevati poco prima da un caveau. Arraffano tutto quello che possono e si danno alla fuga. Una parte brucia nell’esplosione, mentre circa 300mila euro – secondo un primo conteggio – vengono persi mentre il commando si disperde nelle campagne abbandonando la Brindisi-Lecce attraverso un distributore di benzina della Q8.
Ed è questa la prima strada che seguono anche gli uomini del Nucleo investigativo dei carabinieri. Quelle “briciole” di bottino volate via durante l’allontanamento dal luogo dell’assalto sono un indizio, l’inizio di un filo per ora sottilissimo da ripercorrere a ritroso per provare a risalire alla banda. I sospetti convergono subito sulle bande di Cerignola e del Nord Barese, due criminalità specializzate negli assalti ai portavalori. A loro sono riconducibili decine di colpi a caveau e portavalori degli ultimi dieci anni: nel febbraio 2018 andarono vicini a un colpo da 50 milioni a Chiasso, in Svizzera, due anni prima esplosero 170 colpi di kalashnikov e fucili a pompa lungo la A12, all’altezza di Collesalvetti, nel Livornese, con un’azione che ricorda molto da vicino quella lungo la Brindisi-Lecce. E poi ancora in autostrada all’altezza di Loreto e nella sede della Sicurtransport di Catanzaro.
Quest’ultima azione, pianificata per mesi e valsa 8,5 milioni di euro, era stata concordata con le ‘ndrine che, come ricostruirono gli inquirenti, incassarono una “stecca” in cambio del via libera all’azione sul loro territorio. Una pista, quella di una sinergia con i malavitosi del Brindisino e del Leccese, da non escludere anche per il colpo di giovedì mattina. Di certo, le comunicazioni e lo scambio di informazioni tra investigatori salentini e foggiani si è fatto fitto fin dalle prime fasi dell’inchiesta. Una prima traccia per indirizzare l’indagine e provare a rispondere a un colpo che ha allarmato due province e i tanti turisti che percorrono ogni giorno quel tratto di strada trasformatosi per alcuni minuti in un campo di battaglia, una zona franca, con le guardie giurate e gli automobilisti alla mercé dei banditi.