#SacchiOut, #Inguardabili, #Cotti, lunghissimi post per spiegare quanto sia stata sbagliata la scelta di portare Baggio e Zola e non Mancini o Lombardo. Ci fossero stati i social, il 5 luglio 1994 a partire più o meno dalle 19 italiane sarebbero stati pieni di hashtag e commenti simili. Che l’amore per questa nazionale non è mai sbocciato granché, per quell’allenatore che non è mai riuscito a replicare quel gioco con cui aveva dominato il mondo in rossonero. No: aveva rischiato prima di non andarci al Mondiale negli Stati Uniti, steccando due volte contro la Svizzera e pure contro la Scozia, risolvendo la questione a San Siro al 38esimo del secondo tempo con Dino Baggio contro il Portogallo. E aveva rischiato di non arrivare neppure agli ottavi di Boston. Rischiato molto molto seriamente visto l’esordio horror con l’Eire, sconfitti dal gol di Houghton, la vittoria di cuore contro la Norvegia in dieci uomini e il pareggio deludente per uno a uno contro il Messico. Risultati che avevano rimandato il discorso qualificazione alla classifica del ripescaggio delle migliori terze, con l’Italia ultima delle 4 ripescate che trova sulla sua strada la Nigeria. Un buon sorteggio, in fin dei conti, specie rispetto alla possibilità Argentina, sebbene Sacchi non sia dello stesso avviso: “Sono come il Brasile, avrei preferito affrontare l’Argentina perché hanno forza africana e mentalità europea”. A curare i dettagli il fido Carletto Ancelotti, visto che a lui toccava, all’epoca , andare a guardare la Coppa d’Africa per studiare le probabili avversarie mondiali: non c’erano i social, non c’era neppure Youtube.
Molti vedono la perla in “Mimmo” Oliseh, ritenuto “il nuovo Desailly”, per Ancelotti invece in comune hanno solo “il colore della pelle”, mentre i pericoli più grandi secondo Carletto sono “Finidi, ala sinista molto svelta, e Amunike: ma se non gli facciamo mettere la gara sul piano fisico non avremo difficoltà”. Il ragazzo si farà, inteso come Ancelotti: sarà abbastanza chiaro ai tempi di Facebook e Youtube, visto che nel caldo insopportabile di Boston la Nigeria mette la partita sul piano fisico, dopo un buon inizio italiano, e Amunike segna dopo un errore su calcio d’angolo nientepopodimeno che di Paolo Maldini. Il cronometro scorre, il caldo è da impazzire, i nigeriani lo reggono meglio (ma và?) e l’arbitro Brizio Carter consente pure di picchiare un bel po’, salvo cacciar fuori Zola per un fallo assai dubbio su un avversario che è il doppio del sardo. Insomma al 75esimo siamo in dieci, cotti e inoffensivi: in pratica fuori dai Mondiali senza mai aver convinto, senza mai aver giocato bene, arrivati agli ottavi senza lampi di fuoriclasse (quel Baggio lì, poi, praticamente inutile se non per dare del matto a Sacchi) e aggrappati alla buona volontà di un onesto mediano come Dino Baggio e alla calcolatrice della Fifa.
Le valigie sono pronte, i processi pure: non ci sono gli smartphone, e a dire a qualcuno che trent’anni dopo si sarebbe stati a scrivere #Sacchiout avrebbe portato lo sguardo a correre dal telefono a disco al volto di chi ha fatto tale profezia, mimando Baggio contro Sacchi dopo la sostituzione con la Norvegia e utilizzando il disco del telefono per comporre il numero del centro igiene mentale più vicino. Se gli avessero detto pure che trent’anni dopo ci sarebbe stata una cosa chiamata Var che in quella partita avrebbe portato oltre a cinque o sei rigori per l’Italia tra rigorini e netti, la revoca dell’espulsione di Zola e qualche rosso per i nigeriani, avrebbero chiamato l’esorcista. Ma è il 1994 e mentre scorrono i minuti le opzioni sono due: aspettare le interviste sulla Rai o andare al bar a condividere l’avvelenata con gli amici. E vuole infierire la Nigeria, smentendo quel cliché che la rivelazione del Mondiale 1994 è solo frutto di una fisicità prorompente, mettendosi a fare melina in faccia agli inventori della melina. È l’ottantottesimo, Mussi vince un rimpallo, offre a Baggio a centro area: segna, cambia tutto. Cambia il suo Mondiale, cambia quello della Nazionale, cambia l’atteggiamento della Nigeria che perde ogni sicurezza e si affida solo alla fisicità: affossare Benarrivo buttandoglisi letteralmente sopra è troppo pure per Brizio, che concede rigore. Baggio segna, Rashid Yekini non riesce a farlo neanche a porta vuota. È cambiato tutto. Per fortuna non c’è ancora Facebook, non devono cambiare milioni di hashtag e post.