Mafie

Caltanissetta, l’ex pm Natoli si avvale della facoltà di non rispondere: “Chiederà un nuovo interrogatorio per dare ogni chiarimento”

“Il dottor Gioacchino Natoli si è avvalso, allo stato, della facoltà di non rispondere, riservandosi di chiedere alla Procura della Repubblica di Caltanissetta un successivo interrogatorio in cui fornire ogni utile chiarimento”. Sono le poche parole pronunciate dagli avvocati Fabrizio Biondo ed Ettore Zanoni, difensori dell’ex magistrato Natoli, già componente del pool antimafia di Palermo e membro del Csm, indagato per favoreggiamento alla mafia e calunnia. Accompagnato dal figlio, Natoli si è presentato in mattinata al palazzo di giustizia di Caltanissetta, utilizzando un ingresso secondario. Dallo stesso varco è uscito poco prima di pranzo. Blindato l’interrogatorio, condotto dal procuratore capo Salvatore de Luca e dai sostituti procuratori Davide Spina e Claudia Pasciuti. Ai giornalisti è stato permesso l’ingresso in tribunale solo per un breve lasso di tempo: poi sono stati invitati ad uscire.

L’accusa per “l’indagine apparente”- Finora, dunque, le uniche informazioni sull’inchiesta si hanno dall’invito di comparizione destinato a Natoli, in cui si fa riferimento a fatti di trent’anni fa. Tutta l’accusa ruota attorno a un’indagine di cui Natoli chiese e ottenne l’archiviazione nel giugno del 1992. Quell’inchiesta era nata su input della procura di Massa Carrara, che lavorava sulle infiltrazioni di Cosa Nostra nelle cave di marmo in Toscana. Tra i principali indagati i fratelli Nino e Salvatore Buscemi, imprenditori mafiosi vicini a Totò Riina poi divenuti soci del gruppo Ferruzzi di Raul Gardini. Secondo i magistrati nisseni, Natoli insieme all’allora procuratore Pietro Giammanco, definito “l’istigatore” e dall’allora capitano della guardia di finanza Stefano Screpanti, “coesecutore materiale”, avrebbe aiutato Antonino Buscemi, Francesco Bonura ed Ernesto Di Fresco, e gli imprenditori Raoul Gardini, Lorenzo Panzavolta e Giovanni Bini, ad “eludere le investigazioni”. Il magistrato e il capitano avrebbero svolto “un’indagine apparente”, chiedendo “l’autorizzazione a disporre attività di intercettazione telefonica per un brevissimo lasso temporale”, “inferiore ai 40 giorni per la quasi totalità dei target”, e “solo per una parte delle utenze da sottoporre necessariamente a captazione”, che sarebbe servito ad “assicurare un sufficiente livello di efficienza delle indagini”. Inoltre, non sarebbero state “trascritte conversazioni particolarmente rilevanti, da considerarsi vere e proprie autonome notizie di reato, dalle quali emergeva la ‘messa a disposizione’ di Di Fresco in favore di Bonura, nonché una concreta ipotesi di ‘aggiustamento’, mediante interessamento del Di Fresco stesso, del processo pendente innanzi alla Corte d’Assise di Appello di Palermo, sempre a carico di Bonura per un duplice omicidio”, e per “Fontana e Di Maio per il duplice omicidio Chiazzese-Dominici”.

L’accusa di calunnia – Infine, l’ex magistrato non avrebbe aperto “alcuna indagine nei confronti dell’imprenditore Laghi e Scarafia, sebbene – scrivono i pm nisseni – i due fossero risultati a completa disposizione di Bonura e dei suoi familiari”, e avrebbe chiesto “l’archiviazione del procedimento senza curarsi di effettuare ulteriori approfondimenti e senza acquisire il materiale concernente le indagini effettuate dalla procura di Massa Carrara”. Secondo l’accusa, poi, “per occultare ogni traccia del rilevante esito delle intercettazioni telefoniche”, Natoli “avrebbe disposto la smagnetizzazione delle bobine e la distruzione dei brogliacci”. A quest’ultima contestazione si collega l’accusa di calunnia: nella mail che Natoli ha inviato ai pm nisseni via pec il 6 febbraio scorso (il documento scritto risaliva al 23 gennaio), l’ex pm precisa di aver firmato il provvedimento di smagnetizzazione delle bobine delle intercettazioni telefoniche il 25 giugno 1992, “dopo il deposito dell’atto nella segreteria del centro intercettazioni telefoniche (Cit)”, e quindi – secondo i pm nisseni – scaricando le colpe sull’allora “responsabile amministrativo Damiano Galati”, per “sapendolo innocente”.