“Se una donna si può comprare, non vale la spesa”: Wilson Fisk, il super cattivo di Daredevil, non sapeva che questa cosa vale anche per gli uomini. Perché, se di spesa si tratta, è un’attività che ormai facciamo tutti, su (quasi) ogni mezzo fisico e digitale. E ogni volta le nostre abitudini di acquisto ci fanno camminare su un filo: un po’ consumatori, un po’ consumati.

Nel tempo, dalla metà del secolo scorso in poi, i modi di fare la spesa sono cambiati continuamente, per effetto di spinte culturali, produttive, tecnologiche, economiche, normative, demografiche, ambientali, politiche. Tra nostalgie tradizionaliste, comodità irrinunciabili, necessità di risparmio e tecnologie avveniristiche, in quali nuovi modi potremo fare la spesa nei prossimi decenni?

Scenari di opportunità: il carrello di Aladino

Immaginiamo un futuro in cui, al di là di spot e proclami di oggi, fare la spesa diventa davvero un’attività completamente automatizzata. In questo scenario, i supermercati si trasformano in spazi iper-tecnologici con carrelli intelligenti che riconoscono i prodotti scelti e li addebitano sul nostro conto tramite identificazione biometrica. Niente più code alle casse: i pagamenti sono contactless, basati su blockchain, e garantiscono transazioni rapide e sicure.

Possiamo pensare a un futuro in cui l’intelligenza artificiale consente di personalizzare del tutto la nostra spesa. Con assistenti virtuali che suggeriscono i prodotti in base a preferenze individuali o esigenze di salute, ottimizzando la lista della spesa, con vantaggi per noi, e riducendo gli sprechi alimentari, con benefici per società e pianeta. Fare la spesa online, già oggi sdoganata in molti contesti, in futuro può essere ulteriormente agevolata da droni e robot per le consegne. Nei prossimi anni, i nostri ordini possono essere così accelerati da trovare i prodotti direttamente alla porta di casa in brevissimo tempo. Risparmiamo tempo e si riduce l’impatto sull’ambiente (lo abbiamo parzialmente constatato durante i lockdown).

Scenari critici: la merce, venduta e invenduta, siamo noi

Un mondo high-tech produce anche distopie. Automazione e intelligenza artificiale sostituiscono mansioni ed eliminano posti di lavoro, colpendo duramente le professioni non specializzate. La dipendenza dalla tecnologia può creare nuove disuguaglianze, in cui le persone meno abbienti, o meno tecnologicamente abili, rischiano l’esclusione dai benefici delle innovazioni, con l’aggravante di non poter contare nemmeno più sulla consueta rete di negozi al dettaglio.

La privacy è un altro punto critico. Tecnologie di riconoscimento biometrico e raccolta massiva di informazioni personali sollevano già adesso preoccupazioni sulla sicurezza dei dati e l’uso che ne viene fatto. Nonostante norme e standard di protezione anti-abuso, proliferano furti e forme di pirateria, rendendo centrale per i prossimi anni la cosiddetta cyber-sicurezza.

Transizioni possibili: equilibrismi complicati ma necessari

La gestione di questi passaggi verso il futuro richiede approcci capaci di combinare innovazione tecnologica e politiche sociali inclusive. Alcuni esempi. Potrebbero essere sviluppati programmi di formazione per aiutare i lavoratori a riqualificarsi e adattarsi ai nuovi ruoli richiesti dalla digitalizzazione del settore della spesa. La regolamentazione della privacy va aggiornata per affrontare le nuove sfide poste dalle tecnologie emergenti. È cruciale sviluppare leggi e regolamenti che proteggano i dati personali e garantiscano la trasparenza nell’uso delle informazioni raccolte: quello che accade in negozio, rimane in negozio!

Percorrere insieme le due strade, esplorare le possibilità e affrontare le criticità, è un po’ come scegliere il prodotto giusto da comprare. Richiede tempo per conoscere, sperimentare, provare e confrontare, per poi decidere. Faremo la spesa in modi nuovi, ma dovremo pretendere che siano efficienti, convenienti, sicuri e inclusivi. Più valore in ciò che compriamo, e più rispetto per noi. Un’impresa che, è il caso di dirlo, vale la spesa.

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