Impossibile sapere in che misura l’Agenzia delle Entrate stia già utilizzando le analisi del rischio fiscale per incrociare tutti i dati a sua disposizione e rendere così più efficiente la lotta all’evasione. Quello che Giorgia Meloni ama definire “Grande fratello” è in via di attuazione e l’amministrazione ha a disposizione un software che sfruttando soluzioni di intelligenza artificiale è in grado di individuare i criteri di rischio e selezionare le posizioni più promettenti dal punto di vista del recupero atteso. Ma quanti sono finora i contribuenti coinvolti? E quali i risultati ottenuti? Buio fitto. Ilfattoquotidiano.it ha cercato di capirne di più presentando qualche settimana fa una richiesta di accesso civico. La risposta dell’Agenzia è stata un diniego, motivato dal timore che la divulgazione consenta di “adottare comportamenti in grado di eludere i criteri di rischio utilizzati” e “quantificare la probabilità” di essere sottoposti a controllo. Il risultato sarebbe un “concreto pregiudizio” alla politica fiscale e al “regolare svolgimento delle attività ispettive”, argomentano le Entrate.

Non è andata meglio quando, a fine maggio, Francesco Emilio Borrelli (Avs) ha presentato un’interrogazione parlamentare al Mef per conoscere gli esiti degli accertamenti e delle elaborazioni condotti dall’Agenzia sulla base del decreto del giugno del 2022 con cui, dopo lunghe trattative con il Garante della privacy, si dava via libera alla possibilità di utilizzare le informazioni presenti nell’Archivio dei rapporti finanziari incrociandole con le altre banche dati in mano al fisco. Il sottosegretario al Mef Federico Freni (Lega) si è limitato a confermare che le attività di analisi del rischio sono partite nel luglio 2023 concentrandosi su “soggetti che a fronte di movimentazioni attive di importo considerevole hanno omesso di dichiarare i redditi” e che “in diversi casi” dopo un contraddittorio “hanno regolarizzato la propria posizione”. Nessun numero sui soggetti coinvolti né sulle cifre che hanno versato.

Occorre quindi accontentarsi delle informative sul trattamento dei dati e del “Documento illustrativo sulla logica degli algoritmi” pubblicati su indicazione dell’authority per la privacy. In cui non mancano gli esempi su come i criteri di rischio individuati incrociando caratteristiche dei contribuenti, dati patrimoniali, saldi dei conti correnti e dichiarazioni consentano sia di evidenziare “segnali di allarme” sia di predire comportamenti futuri. Da lì si traggono anche indicazioni su come funziona l’algoritmo già in uso che consente di selezionare le posizioni da sottoporre ad attività istruttoria ordinandole in modo da ottimizzare i risultati ed escludendo i contribuenti per cui il modello stima un’alta probabilità che l’esito del controllo sia un’archiviazione perché si tratta di un “falso positivo”. E ancora: il documento preparato dal settore Analisi del rischio della Divisione contribuenti spiega come attraverso l’analisi di una serie di parametri (differenza tra ricavi e costi molto contenuta, valore aggiunto molto esiguo rispetto al numero di dipendenti, profitti bassi rispetto ai concorrenti), incrociati con i flussi in entrata sui loro conti correnti, si possano selezionare i probabili evasori. Tutti casi interessanti, ma – appunto – ancora più interessante sarebbe farsi un’idea sui risultati. Indubbio che sia di interesse pubblico, posto che al momento l’evasione tributaria e contributiva sottrae alle casse pubbliche oltre 83 miliardi l’anno di cui 30 di Irpef dovuta da autonomi e piccole imprese, stando alle stime dell’ultima Relazione annuale ad hoc preparata da 15 esperti nominati dal Mef.

Davvero l’alternativa è tra la trasparenza zero e il rischio di favorire condotte che aggirino le strategie dell’amministrazione finanziaria? Secondo Alessandro Santoro, ordinario di Scienza delle finanze alla Bicocca ed ex presidente della commissione che scrive la relazione, occorre trovare una via di mezzo: “È auspicabile che le informazioni sull’efficacia dell’analisi del rischio basata sull’uso dell’anagrafe dei rapporti, così come sull’efficacia delle altre policy in corso di attuazione come il concordato preventivo, possano confluire in documenti pubblici. Penso principalmente alla Relazione Evasione, che ha tra i suoi obiettivi proprio la valutazione delle policy”, spiega. Spetterà al nuovo presidente, la cui nomina è imminente, decidere se procedere.

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