Il Vaticano ha scomunicato latae sententiae monsignor Carlo Maria Viganò, accusato del delitto di scisma. “Sono note le sue affermazioni pubbliche dalle quali risulta il rifiuto di riconoscere e sottomettersi al Sommo Pontefice, della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti e della legittimità e dell’autorità magisteriale del Concilio Ecumenico Vaticano II”, sottolinea il Dicastero per la Dottrina della Fede, l’ex Sant’Uffizio, che giovedì si è riunito per concludere il processo penale extragiudiziale.
Alcuni giorni fa, sul suo account X, Viganò era tornato a parlare della sua vicenda giudiziaria: “Non riconosco l’autorità né del tribunale che pretende di giudicarmi, né del suo Prefetto, né di chi lo ha nominato – aveva scritto -, questa mia decisione certamente molto sofferta, non è frutto di precipitazione o di spirito di ribellione bensì dettata dalla necessità morale che come vescovo mi obbliga in coscienza a rendere testimonianza alla Verità”.
Al monsignore è ora proibito celebrare la messa e gli altri sacramenti, di ricevere i sacramenti, di amministrare i sacramentali e di celebrare le altre cerimonie di culto liturgico, di avere alcuna parte attiva nelle celebrazioni, di esercitare uffici o incarichi o ministeri o funzioni ecclesiastici e di porre atti di governo. “Il senso della scomunica – sottolineano i media vaticani- è comunque quello di essere una pena medicinale che invita al ravvedimento, quindi si resta sempre in attesa di un ritorno della persona alla comunione”. L’ormai ex monsigore ha tuttavia già comunicato che continuerà a celebrare e chiedere donazioni.
Viganò non si era presentato alla convocazione dell’ex Sant’Uffizio il 20 giugno scorso con l’accusa di scisma e aveva detto di considerare “un onore” le incolpazioni. L’ex nunzio apostolico negli Stati Uniti – tra il 2011 e il 2016 – aveva più volte ha criticato Papa Francesco, arrivando a chiederne le dimissioni. La vicenda giudiziaria era nata per le sue “affermazioni pubbliche dalle quali risulta una negazione degli elementi necessari per mantenere la comunione con la Chiesa cattolica: negazione della legittimità di Papa Francesco, rottura della comunione con Lui e rifiuto del Concilio Vaticano II”.
Il nome di Viganò balza alle cronache durante lo scandalo Vatileaks 1, nel 2012, quando, tra i tanti documenti riservati di Benedetto XVI resi pubblici, ci sono anche alcune lettere del nunzio. Nel 1989 Giovanni Paolo II lo nomina osservatore permanente della Santa Sede presso il Consiglio d’Europa. Nel 1992 sempre Wojtyla lo nomina arcivescovo, ordinando personalmente a San Pietro, e lo invia come nunzio apostolico in Nigeria. Dopo 6 anni viene richiamato a Roma con l’affidamento il prestigioso incarico di delegato per le rappresentanze pontificie nella Segreteria di Stato. Lo scenario cambia completamente con l’arrivo del cardinale Tarcisio Bertone al vertice della Segreteria di Stato al posto di Angelo Sodano.
Tra i due, infatti, gli scontri sono sempre più frequenti. Diventa segretario del Governatorato dello Stato della Città del Vaticano. Bertone poi decide di allontanarlo da Roma e, alle fine del 2011, lo fa nominare da Ratzinger nunzio a Washington. Viganò fa di tutto per non partire ma, alla fine, Benedetto XVI non torna indietro sulla sua decisione per non sconfessare Bertone e lui è costretto a partire. Nuovo pontefice diventa Bergoglio che non lo sposta da Washington, non lo nomina cardinale, e al compimento dei 75 anni si limita a mandarlo in pensione. Tra i due nasce uno scontro, con numerosi attacchi pubblici di Viganò a Papa Francesco.
Così nel luglio del 2023 l’ex nunzio apostolico fonda l’associazione Exsurge Domine con l’obiettivo di fornire sostegno esponenti del clero e religiosi puniti per le loro posizioni tradizionaliste. Ha anche annunciato poco dopo l’istituzione di un seminario cattolico tradizionalista per formare i seminaristi che non vogliono accettare quelli che lui definisce “gli errori del Concilio Vaticano II o le deviazioni di Bergoglio”. Il Collegium Traditionis sarà, si legge sul sito, “una struttura di vita clericale in comune da destinare a chierici e religiosi fatti oggetto delle epurazioni bergogliane”.