Dopo l’incontro alla Casa Bianca con tutti i governatori democratici che sembravano compatti nel ribadire il loro sostegno a Joe Biden, quella del Massachusetts Maura Healey rompe l’incantesimo ed invita il presidente a “valutare attentamente” la candidatura alla rielezione. “La cosa migliore da fare in questo momento è che sia il presidente a prendere una decisione. Lo esorto ad ascoltare il popolo americano e a valutare attentamente se rimane la nostra migliore speranza per sconfiggere Donald Trump“, ha affermato la governatrice in una nota. Nel frattempo aumentano le pressioni dei donatori e alcuni vertici del partito che chiedono a Biden di farsi da parte prima che sia troppo tardi.
Dopo il co-fondatore di Netflix Reed Hastings, che negli anni ha donato oltre 20 milioni di dollari al partito democratico, l’emorragia di fondi sembra non fermarsi. Abigail E. Disney, erede della celebre dinastia dell’intrattenimento, ha avvertito che la campagna di Biden e i comitati che la sostengono “non riceveranno un altro centesimo da me fino a quando non stringeranno i denti e lo sostituiranno“. “Biden è un brav’uomo che ha servito bene il suo Paese, ma la posta in gioco è troppo alta per consentire alla timidezza di determinare la nostra linea di condotta”, ha attaccato la donatrice milionaria. Quindi è arrivata la lettera alla Casa Bianca di 168 manager e finanziatori – tra i quali Christy Walton, la nuora del fondatore dei grandi magazzini Walmart, il miliardario investitore Mike Novogratz e il professore di Harvard Lawrence Lessing – che hanno chiesto “il ritiro della candidatura per il bene della nostra democrazia e del nostro Paese”.
Pure i partner della Nato, che tra qualche giorno si riuniranno a Washington per il vertice dell’Alleanza, cominciano a dubitare che il commander-in-chief possa portare avanti la campagna e sconfiggere Donald Trump. “È insostenibile”, questa l’opinione sull’ostinazione di Biden diffusa a Bruxelles, dove funzionari europei e dell’Alleanza auspicano che il presidente americano faccia un passo indietro a favore di qualcuno che abbia maggiori chance di battere il tycoon e quindi preservare l’unità sull’Ucraina e sulla Nato. In più c’è anche la preoccupazione, probabilmente condivisa dall’amministrazione Usa, che il vertice dell’Alleanza dal 9 all’11 luglio nella capitale americana sia oscurato dall’attenzione sulle elezioni.
Il presidente però tira dritto, ribadisce che non ha nessuna intenzione di lasciare e si dice convinto di poter ancora battere il rivale repubblicano. Ma, nonostante il cambio di strategia deciso dal suo staff – più viaggi in giro per gli Stati Uniti per dimostrare vigore e lucidità – anche nel partito democratico molti dei vertici stanno virando sulla vicepresidente Kamala Harris, considerata a questo punto l’unica alternativa possibile.
Chi la considera già una potenziale avversaria è proprio Trump, che ha già elaborato un attacco da sferrare nei prossimi giorni. Secondo il piano rivelato da alcuni suoi consiglieri, la tattica del tycoon punterebbe sul presentare la vice presidente come “un’estremista di sinistra”, pro-migranti e anti-milionari e sull’accusarla di inesperienza in ambito internazionale. La verità è che la campagna dell’ex presidente teme una candidatura di Harris non solo perché donna nera e di origine asiatica ma anche perché giovane. A 59 anni, 60 poco prima delle elezioni di novembre, Kamala ha quasi vent’anni in meno di Trump e se lui poteva giocare a fare il giovanotto in confronto al vecchio Biden, con la vice presidente non gli sarà più possibile.