Tristemente lo abbiamo imparato a più riprese con le nostre tragedie nazionali: prevedere con precisione quando e dove avverrà un terremoto con largo anticipo non è ancora possibile. Ma c’è un breve lasso di tempo prima che gli effetti devastanti del sisma si materializzano sul territorio che potrebbe fare la differenza tra la vita e la morte di moltissime persone. Ed è proprio su questa possibilità che si sono concentrati i ricercatori del Dipartimento di Fisica “Ettore Pancini” dell’Università degli Studi di Napoli Federico II e dell’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV-OV), analizzando le potenzialità di un sistema di allerta precoce per gli eventi sismici.
Quando avviene un terremoto, le onde sismiche si sviluppano nelle profondità della Terra e si propagano. In pochi secondi le onde raggiungono la superficie producendo effetti devastanti sulle persone, sugli edifici e sulle infrastrutture. Se si riesce a inviare un messaggio di allerta al sito di interesse prima dell’arrivo delle onde sismiche potenzialmente distruttive, pur con i ristrettissimi tempi in questione, si possono limitare al massimo possibile le conseguenze.
Gli autori del nuovo studio pubblicato su “Nature Communications Earth & Environment” hanno dimostrato il potenziale e l’efficacia di un sistema di allarme rapido per i terremoti applicandolo alle registrazioni sismiche del devastante terremoto di magnitudo 7.8 del febbraio 2023, che ha colpito la regione al confine tra Turchia e Siria. “Per condurre il nostro studio abbiamo utilizzato un avanzato metodo di previsione dello scuotimento del suolo, basato sulla misura delle prime onde P e in grado di predire, durante un terremoto, le aree in cui il moto del suolo supererà una soglia limite di danno potenziale”, spiega Luca Elia, tecnologo dell’INGV-OV e co-autore della ricerca.
Le prestazioni del sistema sono state valutate attraverso l’analisi retrospettiva di centinaia di accelerogrammi registrati in prossimità della sorgente del terremoto e acquisiti dalla fitta rete gestita dall’agenzia AFAD del Ministero degli Interni turco. I risultati hanno mostrato come una prima allerta, emessa circa 10 secondi dopo l’origine dell’evento, avrebbe portato ad allertare correttamente il 95 per cento dei siti all’interno della zona potenzialmente danneggiata, con tempi di preavviso compresi tra 10 e 60 secondi.
Inoltre, l’applicazione del sistema di Early Warning ha dimostrato che la zona di forte scuotimento prevista dalle onde P può essere rilevata circa 20 secondi dopo l’origine della frattura. Con il passare del tempo, in tempo reale, il sistema mostra di delineare con precisione lo sviluppo della rottura sismica, mostrandone la propagazione bilaterale (nelle direzioni NE-SO), come desunto da modelli cinematici del processo di rottura determinato in seguito da ulteriori indagini offline. Questi importanti risultati mostrano che i sistemi di allarme rapido basati sulle onde P possono fornire allarmi tempestivi e affidabili, riducendo il rischio di danni significativi e migliorando la sicurezza delle persone nelle aree sismiche.
Gianmarco Pondrano Altavilla