L’agonia di Mirafiori continua, alla faccia degli incentivi descritti come l’antidoto agli stop-and-go alla produzione e alle esultanze immotivate del ministro Adolfo Urso. La storica fabbrica torinese in mano a Stellantis chiuderà con 20 giorni di anticipo rispetto alla consueta fermata estiva. Dopo essere già stato deserto durante tutto il mese di maggio, il reparto Carrozzerie – cuore della produzione – terrà gli impianti fermi dal 15 luglio al 25 agosto. In sostanza, gli operai smetteranno di lavorare una ventina di giorni prima rispetto al consueto “arrivederci” del 4 agosto, quando lo stabilimento chiude i battenti per ferie.
È solo l’ultimo schiaffone della casa automobilistica franco-italiana al sito alle porte di Torino, diventato ormai la periferia dell’impero. Dopo l’accordo su oltre mille uscite incentivate a marzo, un mese dopo Stellantis aveva comunicato il prolungamento della cassa integrazione per tutti i lavoratori di Mirafiori, quindi il contratto di solidarietà per 1.174 dipendenti dal 23 aprile al 4 agosto, giorno dello stop estivo ora anticipato, e la chiusura nel mese di maggio. Tutta colpa di un mercato asfittico della 500e, l’unico modello di larga scala prodotto a Torino.
“Non ci aspettavamo nulla di diverso – commentano Edi Lazzi, segretario generale della Fiom Cgil di Torino, e Gianni Mannori, responsabile Fiom per Mirafiori – e quindi non c’è da stupirsi che un altro lungo periodo di stop sia stato comunicato, nonostante gli incentivi, i quali diciamo da sempre che non sarebbero serviti senza avere modelli nuovi da produrre”. Eppure, nelle scorse settimane, per tranquillizzare il governo Meloni è bastato che l’ad Carlos Tavares annunciasse l’arrivo della 500 ibrida dalla seconda metà del 2026, senza spostare di una virgola le condizioni.
“Il clima è cambiato”, aveva detto il ministro delle Imprese e del Made in Italy Urso, promettendo che sarebbe stato possibile “entro giugno” un accordo definitivo sull’obiettivo di 1 milione di veicoli prodotti in Italia. Il mese è corso invece via con l’ennesima beffa delle elettriche cinesi di Leapmotor portate in Polonia da Stellantis e nessun’intesa sulla produzione in Italia. Ora l’ultimo ceffone che riduce le buste paga di lavoratrici e lavoratori, certificando per l’ennesima volta il fallimento della strategia di Urso.