Per ottenere i certificati di compensazione dei gas serra, bastava presentare documenti falsi: i controlli infatti, erano affidati a società di certificazione esterne. Così anche un pollaio abbandonato vicino a Pechino è stato spacciato per un impianto all'avanguardia. Bloccati dal 1° luglio tutti e 69 i progetti in corso
Pressata da un’interrogazione parlamentare del gruppo Cdu/Csu, la ministra dell’Ambiente tedesca Steffi Lemke (Verdi), ha ammesso carenze nei controlli sui progetti per il recupero della CO2 in Cina, parlando di un caso di grave criminalità ambientale: una truffa che ricorda quella di cui in Italia è accusata la vecchia gestione dell’ex Ilva. Vediamo di che si tratta. Le aziende petrolifere che operano sul mercato tedesco devono mischiare alla benzina dei distributori anche biocarburanti, per abbattere la loro impronta climatica. In alternativa, dal 2020, possono ottenere certificati per progetti di tutela del clima, con cui compensare le emissioni prodotte in Germania fino all’1,2% della propria quota obbligatoria di riduzione di gas serra, e che possono essere anche venduti ad altre aziende. Quasi tutti i petrolieri hanno quindi avviato progetti in Cina: ma molti di questi, è venuto fuori, esistevano solo sulla carta. Per ottenere l’autorizzazione è bastato presentare documenti falsi all’Agenzia federale per l’ambiente, ente controllato dal ministero: i controlli in loco, infatti, erano affidati a società di certificazione esterne. E l’emittente pubblica ZdF ha verificato che esisteva un monopolio di fatto: circa il 70% dei progetti avviati in Cina è stato convalidato e verificato da due agenzie, la Verico con sede in Baviera (41 progetti) e la Müller-BBM in Nord-Reno Vestfalia (38 progetti).
Così, su 69 progetti di riduzione certificata delle emissioni, quaranta dovranno essere ricontrollati dall’Agenzia, che ha presentato denuncia alla Procura di Berlino per dieci casi in cui emergono indizi di truffa. I segnali del raggiro sono venuti a galla in modo consistente verso la fine dell’anno scorso, e il ministero ha avuto notizia del primo caso sospetto ad agosto 2023. Lemke però afferma di essere stata informata solo a maggio di quest’anno e rivendica di aver reagito rapidamente, convincendo il governo a rinunciare prima del previsto al meccanismo, mentre l’opposizione l’accusa di passività. Secondo la ministra invece la colpa è dei governi passati, che non hanno previsto adeguati meccanismi di controllo: “Abbiamo ereditato un sistema soggetto a errori”, ha dichiarato. Ad ogni modo, dal 1° luglio sono stati bloccati tutti i progetti in corso e la presentazione di nuovi: secondo ZdF, il valore della truffa tocca i 623 milioni di euro.
Dopo mesi di ricerca l’emittente ha denunciato a maggio di aver individuato almeno una dozzina di frodi in cui vecchi impianti sono stati spacciati come nuovi e progettati in difesa del clima. La sede di uno di essi, del valore stimato di circa ottanta milioni, era un grosso pollaio abbandonato vicino a Pechino, mentre il progetto, promosso dalla Shell, avrebbe dovuto comprendere 61 caldaie clima-neutrali. Il colosso energetico dichiarò di aver abbandonato il progetto dal 2021 e che comunque tutto era stato verificato e validato in modo indipendente. “Non possiamo verificare se abbiamo una documentazione completamente falsificata, se manca un controllo visivo sul posto”, aveva commentato allora il presidente dell’Agenzia per l’ambiente Dirk Messner. Il meccanismo, infatti, si basa sulla fiducia nei verificatori e nei validatori, che successivamente e in modo indipendente l’uno dall’altro dovrebbero valutare un progetto prima dell’approvazione.
Lo scandalo è scoppiato quando l’Agenzia ha ricevuto una lettera di una società petrolifera cinese, che denunciava come cinque dei suoi impianti fossero stati presentati come progetti a tutela del clima in Germania. L’ente ha quindi presentato una denuncia contro ignoti, appoggiandosi a uno studio legale internazionale con sede in Cina. Le verifiche sono ancora all’inizio, ma un dirigente responsabile per le certificazioni è già stato sospeso e l’iter di due progetti è stato bloccato, mentre in altri quattro casi le domande sono state ritirate dagli stessi richiedenti. Il commercio dei certificati, ha ammesso il ministero, comunque continua e non può essere fermato, seppure le aziende che li acquistano corrano il rischio che possano essere dichiarati falsi in seguito: nel 2023 il giro d’affari ha raggiunto i 18,4 miliardi di euro, registrando un aumento del 40% rispetto al 2022. La Csu, con la sua responsabile ambiente Anja Weisgerber, accusa la ministra Lemke di responsabilità politica per la truffa, mentre il collega della Cdu Christian Hirte sottolinea come il vero danno sia piuttosto la mancata realizzazione dei progetti a tutela del clima.