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Perché la partita in Ue di Meloni si fa più complicata: Orbán vuole sfilarle la guida della destra, Von der Leyen ha in tasca l’intesa coi Verdi

Nell’ala destra della Plenaria di Bruxelles il mercato degli europarlamentari è nel vivo, mentre al centro la ‘maggioranza Ursula‘ si tutela e strappa l’accordo con i Verdi per il sostegno alla riconferma della presidente della Commissione Ue. In mezzo c’è Giorgia Meloni che nel corso dell’ultimo Consiglio europeo ha deciso di non cedere alle offerte di Popolari, Socialisti e Renew e astenersi sul voto per riconfermare la politica tedesca alla guida di Palazzo Berlaymont. Obiettivo: contrattare con von der Leyen fino alla sessione della Plenaria a Strasburgo, il 18 luglio. Ma le mosse alla sua destra e alla sua sinistra le stanno facendo perdere potere contrattuale e il rischio è quello di aver aumentato la posta in gioco perdendo una delle più importanti scommesse politiche della sua carriera.

La carta green
Che la presidente della Commissione europea si stesse tutelando dialogando con i Verdi, anche su pressione di Socialisti e liberali di Renew che non vedono con favore un accordo con i Conservatori, era facilmente intuibile fin da quando Meloni ha messo in discussione il proprio sostegno. Che Fratelli d’Italia e la sua leader non l’abbiano calcolato appare invece improbabile. Anche perché i segnali erano chiari. I Verdi hanno ripetuto più volte, nei giorni del voto, di essere disposti a sostenere la ricandidatura di von der Leyen e scendere a compromessi su alcuni punti pur di frenare l’avanzata delle destre europee. Inoltre, Socialisti e Renew avevano manifestato apertamente la volontà di guardare ai Green per formare una maggioranza, escludendo Meloni e i Conservatori. L’ultima parola, però, spettava al Ppe in quanto primo partito europeo e in questo senso la linea Tajani-Weber, nonostante umori anche opposti all’interno dei Popolari, ha prevalso: si tratta con Meloni perché Ecr è la terza formazione europea.

Ma la presidente del Consiglio ha giocato al rialzo e questo ha riportato in alto le quotazioni dei Verdi. Lo dicono i numeri: il gruppo ambientalista conta 54 seggi che, uniti ai 188 dei Popolari, i 136 dei Socialisti e i 76 di Renew formano una maggioranza di 454 europarlamentari, con uno scarto di 93 sui 361 necessari. Servirebbero molti franchi tiratori per far saltare la candidatura di von der Leyen in sede di Plenaria. Alcuni di questi si sono già palesati, come i Républicains francesi (6 seggi), l’Alianța PSD – PNL rumena (8), il Partito Democratico Sloveno (4), il Movimento Civico-Contadino olandese (2) e anche gli irlandesi di Fine Gael (4). Sono già 24 in meno che, però, si oppongono alla figura della presidente tedesca più che a un’alleanza con i Verdi. Chi potrebbe ostacolare un’intesa coi Verdi e far mancare alcuni voti sono gli spagnoli del Partido Popular (22), parte di Forza Italia, che potrebbe spaccarsi nell’ottica della lotta interna sulla leadership di Antonio Tajani, e anche i Conservatori della Csu che, però, esprimendo il presidente del partito Manfred Weber lo metterebbero in una posizione particolarmente scomoda votando contro la Spitzenkandidatin del Ppe.

Un saldo comunque migliore di quello che può garantire Meloni: potendo offrire solo i suoi 25 europarlamentari e i 4 del premier ceco e compagno di partito Petr Fiala, perderebbe comunque i 22 seggi di chi si oppone alla ricandidatura di von der Leyen più altri all’interno di liberali e socialisti. La presidente della Commissione cercherà di blindare la propria conferma ottenendo l’appoggio sia dei Verdi sia di una parte dei Conservatori, ma di certo il ruolo di Meloni è indebolito rispetto a pochi giorni fa.

Orban sfila a Meloni la leadership a destra
In questo contesto, chi ha annusato la possibilità di essere ancora più centrale e influente nel contesto politico europeo è Viktor Orbán che, mentre cerca un ruolo da protagonista sul dossier ucraino diventando il primo leader Ue a incontrare Vladimir Putin dallo scoppio della guerra, punta a salire a capo del primo blocco politico di destra. E lo fa spolpando il più possibile le altre due famiglie: Identità e Democrazia e, appunto, Ecr. Non è un segreto che il premier magiaro stia cercando di mettere insieme più forze possibile per creare il nuovo gruppo dei Patrioti europei. L’annuncio, fanno sapere fonti interne alla delegazione ungherese, arriverà l’8 luglio, termine ultimo per la presentazione dei gruppi al Parlamento Ue. I partiti che ne faranno parte, dicono, saranno inizialmente dieci. E anche qui a fare la differenza saranno i numeri.

Intanto ci sono quelli di Fidesz, appunto, con i suoi 10 eurodeputati eletti. Certi di entrare nella nuova famiglia europea anche quelli di Ano dell’ex premier ceco Andrej Babiš (10 seggi), la Fpö austriaca (6) e l’estrema destra portoghese di Chega (2). Nelle ultime ore sono arrivati i primi “scippi“: dal gruppo dei Conservatori di Meloni ecco gli spagnoli di Vox (6) che hanno annunciato l’entrata nella nuova famiglia voluta dal premier ungherese mentre da Id (gruppo guidato da Le Pen) si è accodato il Partito della Libertà di Geert Wilders, vincitore delle elezioni nei Paesi Bassi. Il numero degli eurodeputati minimo per la costituzione di un gruppo, 25, è già raggiunto, ma mancano almeno altri due partiti da altrettanti Paesi europei per rispettare gli standard minimi richiesti. E qui la caccia all’alleato è su spazi ampi. Innanzitutto, è quasi certo che a entrare nella nuova formazione di destra sarà la Lega, con i suoi 8 seggi. Come il Carroccio, si parla di trattative ben avviate addirittura con il Rassemblement National di Marine Le Pen (30 seggi) che, dopo l’espulsione di Alternative für Deutschland e la trasmigrazione di diversi partiti verso i Patrioti europei, rischia seriamente di non avere i numeri per iscriversi. Meglio per la leader francese abbandonare un gruppo ormai svuotato ed entrare fin da subito e con un ruolo di vertice in quella che mira a diventare la famiglia guida della destra europea.

C’è poi la questione relativa al partito Smer (5 seggi) del premier slovacco Robert Fico. Fino a qualche giorno fa la sua adesione alla nuova formazione di Orbán era data per certa, ma da quanto apprende Ilfattoquotidiano.it da fonti parlamentari europee sarebbe in corso una trattativa per un reintegro tra i Socialisti, dai quali era stato espulso, per convincerlo a dare il proprio sostegno a von der Leyen. Non è detto, però, che questo vada a buon fine.

L’ultimo partito, quello che più di tutti mette a rischio la rilevanza di Giorgia Meloni nella destra europea, è però il Pis polacco. Da Fratelli d’Italia ostentano fiducia dopo aver incassato nel corso della conferenza di Brucoli, in provincia di Siracusa, l’ok dei nazionalisti di Varsavia alla permanenza nel gruppo Ecr con i loro 20 eurodeputati grazie a un accordo sul futuro organigramma. Una notizia che mantiene il gruppo a quota 84 rappresentanti nella Plenaria e al terzo posto tra le principali famiglie europee, permettendogli di ottenere incarichi di rilievo, ad esempio, all’interno delle principali commissioni parlamentari. Ma da quanto apprende Ilfattoquotidiano.it da ambienti vicini alla delegazione polacca, non si tratta di un’intesa senza condizioni. Il 18 luglio Meloni dovrà decidere se votare a favore di von der Leyen o no. Nel secondo caso manterrebbe saldo il legame con il Pis mettendo però a rischio l’opportunità di avere una carica importante all’interno della prossima Commissione Ue. Nel primo caso, riceverebbe una ricompensa in termini di incarichi da Ursula von der Leyen, ma metterebbe a repentaglio l’alleanza con i polacchi, pronti a quel punto a entrare nel gruppo di Orbán.

È così che il leader magiaro punta a guidare il terzo gruppo all’interno del Parlamento Ue e sfilare il podio proprio a Ecr. E i numeri non lo escludono: potenzialmente, la formazione può sfiorare la quota di 100 eurodeputati, lasciando fuori solo i tedeschi di AfD, FdI e il Partito Democratico Civico di Petr Fiala tra le formazioni più importanti. Così, il fronte patriota rappresenterebbe anche il vero spartiacque tra la maggioranza centrista europea e l’opposizione nazionalista unita. O quasi. Un potere che potrebbe esercitare anche in sede di Consiglio Ue: in questa lista si trovano infatti due leader di governo (Orbán e Wilders), ai quali va aggiunto anche Fico in caso di fallimento delle trattative con i Socialisti, una che potrebbe diventarlo a breve (Le Pen) e una formazione che è data in testa ai sondaggi in vista delle prossime Politiche austriache (Fpö). In quest’ottica, il peso specifico dei Patrioti nelle trattative tra cancellerie diventerebbe difficile da ignorare, mentre chi rischia la marginalizzazione è proprio Giorgia Meloni.

X: @GianniRosini