“Solo un altro Pensierino, poi facciamo merenda”/ “Perché mi fai scrivere anche quando non ci riesco?”/Fredda sorrideva benevola e beffarda/”Voglio mettere alla prova la tua tenacia: se vuoi diventare poeta devi scrivere anche quando non ti viene nessuna idea”. L’intensa rarefazione del ricordo reale. La misura diretta dell’affettività personale. Dovremmo recuperare questo stralcio di frammenti scritti tra le prime pagine in “I pensierini di Fredda e Spirale” (Campanotto editore) scritto dal giovanissimo Tiziano Causin per capire da dove nasce questa affascinante, vibrante e spiazzante opera letteraria. Un nucleo originario d’ispirazione creativa “familiare” che propaga la sua urgenza compositiva verso un futuro in divenire, prosaicamente la crescita emotiva, umana dell’autore, tanto attesa quanto intimamente preoccupante, probabilmente dolorosa.
Fredda, Spirale e i Pensierini. Ma anche gli Affini, gli Amanti, il Custode dell’ego,il Triste, la Solitudine, gli eserciti di Coscienza e Corruzione. Pullula di personaggi simbolici, di nominativi evocativi, di doppi dell’anima la cornucopia letteraria inafferrabile di Causin, una sorta di ricombinato e ricombinabile racconto di formazione, con il lettore che pare stazionare a penzoloni di fronte alla Relatività di Escher. Intanto a livello formale vige la necessità di distruzione della distinzione tradizionale tra prosa e poesia. Abolizione quindi delle strutture metriche, grammaticali e sintattiche. Il linguaggio si plasma tra la materia sonora e visiva, capace di veicolare immediatamente sensazioni e intuizioni. Prendiamo il corpo metamorfico di Spirale, questa creatura ancora acerba che affronta ferite, fratture, tagli, tensioni addosso alle proprie mani, braccia, petto e gambe.
L’essenzialità dei versi di Causin impone l’assenza del sia pur piccolo accenno alla realtà contingente. La sua scrittura è ricca di associazioni irrazionali, analogie, allegorie. La ricchezza di un lessico trasgressivo, di magie visive rappresenta non il mondo esterno della realtà ma quello del tutto soggettivo, personale dei labirinti dell’Io. Il poeta si domanda se è riuscito a trasmettere il messaggio poetico presente nelle sue intenzioni e si risponde di no perché ha deciso di fondare il suo lavoro su fatti personali, sconosciute rielaborazioni usando un mezzo scarsamente intellegibile. È proprio Causin nella presentazione al lettore della sua opera, nell’orgogliosa rivendicazione della ‘fatica’ del ‘fare poesia’ ad affermare che “il Totem all’Incoerenza non ha bisogno di alcuna spiegazione, è il mio manifesto poetico, la rappresentazione sistematica del caos da cui emergono le idee”.
Ed è proprio in questo percorso apparentemente accidentato che I pensierini di Fredda e Spirale sfiora le radici sturm und drang dei preromantici tedeschi e poi vira in questa traballante indecisione della poesia che si fa, ancora una volta si ricompone, claudicante, spezzettata, continuamente riformulata, stimolata da un patto implicito con il lettore, ovvero da chi si è celato, leggendo, “nell’occhio di un ciclone di parole”.