Manca l’ufficialità perché c’è tempo fino a lunedì per presentare la lista dei gruppi che andranno a comporre il prossimo Parlamento europeo, ma i numeri parlano chiaro: la formazione degli ultranazionalisti di destra Identità e Democrazia, che include anche il Rassemblement National di Marine Le Pen e la Lega di Matteo Salvini, è destinata a sparire. Un po’ per le frizioni interne che hanno portato alla rottura con i tedeschi di Alternative für Deutschland, ma soprattutto per l’aggressività del nuovo gruppo dei Patrioti europei di Viktor Orbán che da settimane ha ormai dato il via alla caccia grossa ai parlamentari dell’Eurocamera. Così, con gli schieramenti in via di definizione, c’è soprattutto un partito che può spostare gli equilibri sul fronte destro della Plenaria. Non resta che chiedersi: cosa vuol fare Marine Le Pen?

L’emorragia in ID non si ferma e, nonostante si tratti di appena una goccia rispetto al sangue già versato dal gruppo ultranazionalista, gli ultimi a lasciare sono i danesi del Partito Popolare. Il loro unico europarlamentare abbandona la casacca nera per indossare, come già fatto dai compagni di Chega (Portogallo), del Fpö (Austria) e del PVV (Paesi Bassi), quella della nuova formazione di Orbán. “Il Partito popolare danese si unirà al Gruppo Patrioti d’Europa – ha scritto su X l’esponente della formazione, Anders Vistisen – Non vediamo l’ora di lavorare con i nostri vecchi alleati e con i nuovi amici in Spagna, Repubblica Ceca e Ungheria. Siamo sicuri che essendo il terzo gruppo più numeroso potremo mandare un chiaro segnale all’estremismo federalista e difendere un’Europa degli Stati nazionali“.

Il terzo gruppo più numeroso“, dice Vistisen. Questo, però, non è ancora possibile stabilirlo. Ma le conseguenze della fuga in massa da ID, e in parte anche dai Conservatori di Giorgia Meloni, per correre tra le braccia del premier ungherese mettono alcuni leader di fronte a delle scelte che potrebbero veramente portare la nuova famiglia politica dell’Eurocamera a scavalcare Ecr e diventare terza forza, con gli enormi vantaggi in termini di cariche che questo comporta. C’è un nome, però, che sarà più determinante di tutti, è quello di Marine Le Pen.

Se i cambi di casacca venissero confermati senza essere rimpiazzati entro l’8 luglio, i numeri dicono che ID è già morta. In questo momento raggiunge il numero minimo di europarlamentari (25) per iscriversi come gruppo, ma non rispetta il criterio degli almeno sette partiti da altrettanti Paesi europei. Tra le fila dei ‘neri’ rimangono il Rassemblement National (Francia), la Lega (Italia), Vlaams Belang (Belgio), l’asse Spd-Trikolora (Repubblica Ceca) e Chega (Portogallo). Cinque partiti per cinque Paesi. Senza contare che, come detto, Chega ha praticamente chiuso l’intesa con Orbán e lo stesso sembra intenzionata a fare anche la Lega di Matteo Salvini. Il gruppo dei non iscritti è folto, ma non sarà un’impresa semplice trovare quattro partiti di quattro Paesi diversi pronti a entrare in Identità e Democrazia entro l’8 luglio.

Da qui nasce la domanda sul futuro dei 30 eurodeputati francesi eletti sotto la bandiera del Rassemblement National. Un numero che può veramente stravolgere gli equilibri a destra. Le opzioni sono diverse. Escludendo la prima, ossia la possibilità che Marine Le Pen voglia rimanere senza un gruppo in Ue, scelta che sarebbe estremamente penalizzante da un punto di vista di cariche ricoperte sia all’interno dell’Europarlamento che nell’amministrazione di un gruppo, l’opzione che al momento sembra più percorribile è quella che vuole anche lei aggregarsi ai Patrioti europei. Non sarebbe più la leader indiscussa della propria famiglia politica, ma certamente farebbe valere il peso dei suoi 30 eurodeputati. Un compromesso che dovrà raggiungere direttamente con Viktor Orbán. Da quanto appreso da Ilfattoquotidiano.it, le trattative sono già in corso da giorni. Questo provocherebbe con ogni probabilità il sorpasso ai danni di Ecr che vedrebbe sfilarsi così il terzo posto tra i gruppi più numerosi della Plenaria e, di conseguenza, incarichi di prestigio nelle commissioni più importanti. Si tratterebbe dell’ultimo schiaffo dell’amico Orbán a Giorgia Meloni.

L’altra opzione è che invece il colpo di scena avvenga ad opera proprio della presidente del Consiglio italiana. In questo momento, Meloni si trova a dover prendere la scelta rimandata all’ultimo Consiglio europeo: offrire il proprio sostegno a Ursula von der Leyen in Parlamento, che con la riconferma a Palazzo Berlaymont potrebbe garantirle un commissario di peso, al prezzo di veder uscire i polacchi del Pis da Ecr e rischiando di perdere il terzo posto in Parlamento Ue, oppure andare contro alla Spitzenkandidatin del Ppe, ottenere molto poco in fatto di cariche in Commissione ma rimanendo saldamente alla guida dei Conservatori. Le Pen le apre una terza via, molto difficile da percorrere ma non impossibile viste le ambizioni di governo e presidenza della leader francese: portare il Rassemblement National in Ecr. In questo modo si tamponerebbe intanto il problema di un’eventuale fuga del Pis, per poi capire quale strategia adotteranno le due regine della destra europea: sostenere von der Leyen in cambio di importanti concessioni, che indebolirebbero ulteriormente il presidente francese Emmanuel Macron, o terremotare la ‘maggioranza Ursula‘ cercando di convincere il Ppe a proporre un nome nuovo e spostando così a destra l’asse dell’alleanza europea? Gli incastri da trovare sono molti e tutt’altro che scontati. Ma dalla fine annunciata di ID emerge intanto una prima certezza: sarà Marine Le Pen a spostare gli equilibri all’interno della nuova destra europea.

X: @GianniRosini

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