Prima Valerio Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini, gli ex dei Nuclei Armati Rivoluzionari condannati all’ergastolo in via definitiva tra la fine degli anni Novanta e il 2007. Poi Gilberto Cavallini, il “quarto uomo” per il quale manca solo la Cassazione. Ora Paolo Bellini, l’ex Primula nera di Avanguardia Nazionale, ex terrorista nero, ladro di opere d’arte e killer di ‘Ndrangheta legato ad Antonino Gioè e indagato per le stragi del ’93 e l’attentato di Capaci. La Corte d’assise d’appello di Bologna ha confermato l’ergastolo anche per lui: per i giudici contribuì a compiere la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980. Così la ricostruzione su quegli eventi disegna un contesto complessivo. E’ l’impostazione di cui fin dall’inizio è stata certa la Procura generale di Bologna che 7 anni fa avocò le indagini sui mandanti. I Nar non furono i soli responsabili, ma parteciparono tutti i movimenti della destra estremista dell’epoca, cementati da fiumi di denaro sottratti dalla P2 di Licio Gelli al banco Ambosiano di Roberto Calvi, con la copertura dei servizi deviati. I mandanti, finanziatori e organizzatori, oltre al Venerabile, anche il potente capo dell’Ufficio Affari Riservati del Viminale, Federico Umberto D’Amato, l’imprenditore Umberto Ortolani e il giornalista Mario Tedeschi, tutti morti e non più imputabili, ma ritenuti anche loro responsabili di quella strage di 44 anni fa, che fece 85 morti e oltre 200 feriti, apice della strategia della tensione.
A poco è servita l’autodifesa accorata che Bellini ha fatto in aula prima che i giudici si ritirassero in camera di consiglio, ancora una volta rilasciando dichiarazioni spontanee, per quasi tre ore. “Se fossi stato implicato nella strage lo avrei confessato, non mi sarebbe cambiato nulla – ha detto tra l’altro -, il marchio di stragista mi era già stato affisso dai giornali e dalla comunicazione giudiziaria. L’influenza della stampa su fatti eclatanti è questo, il marchio a fuoco me lo hanno messo”.
In primo grado i giudici – che già pronunciarono sentenza di condanna all’ergastolo – partirono dalla “prova granitica” della presenza in stazione dell’ex Avanguardia nazionale, grazie al video amatoriale (il filmato Poltzer) che ritrae un uomo con le sue fattezze e che per l’ex moglie di Bellini, che cambiando la sua versione ha demolito l’alibi dell’allora consorte, è senz’altro “Paolo“. Maurizia Bonini, cambiando la sua versione dopo quarant’anni e affermando che la mattina del 2 agosto Bellini arrivò a Rimini non alle 9, ma molto più tardi, verso l’ora di pranzo, è stata l’”arma” più convincente.
Oltre alla conferma della condanna all’ergastolo per Paolo Bellini, la Corte di Assise di Appello di Bologna ha ribadito la colpevolezza anche degli altri due imputati. Si tratta dell’ex capitano dei carabinieri Piergiorgio Segatel, accusato di depistaggio, e condannato nuovamente a sei anni e di Domenico Catracchia, ex amministratore di condomini in via Gradoli, a Roma, accusato di false informazioni al pm al fine di sviare le indagini, condannato a quattro anni. Per l’associazione delle vittime “questi sono i fatti, sappiamo chi sono stati i mandanti, sappiamo chi è stato. Cercheremo di non fermarci qui”, ha detto la vicepresidente Anna Pizzirani. Per il presidente Paolo Bolognesi, questi processi hanno chiarito “la chiave di lettura della strategia della tensione, che va dalla loggia P2 ai vertici dei nostri servizi segreti e arriva ai terroristi fascisti“.