di Sonia Surico
Si ritorna sempre al punto di partenza. Chiara Ferragni, l’imprenditrice digitale e icona di stile, ha dimostrato ancora una volta di preferire la salvaguardia della sua immagine patinata a scapito di un’assunzione di responsabilità concreta. Ha scelto di donare un milione e duecentomila euro a un ente benefico, celando questa azione dietro la facciata di un atto di generosità, piuttosto che versare la stessa somma all’Antitrust come sanzione.
Eppure, sarebbe bastato così poco. Un’ammissione di colpa, un semplice “ho sbagliato”. In un Paese dove l’illegalità sembra ormai legittimata, anzi premiata – come dimostra l’imminente intitolazione dell’aeroporto di Malpensa a Silvio Berlusconi, il re delle controversie giudiziarie – l’inganno sarebbe presto scivolato nell’oblio. Un piccolo passo verso la verità, dopo aver ostentato per anni lusso e felicità, avrebbe potuto riavvicinare Ferragni alla realtà vissuta dalla maggioranza degli italiani.
L’influencer ha costruito il suo impero sulla condivisione di ogni istante della sua vita dorata, presentandosi come una figura quasi inarrivabile, ma al contempo vicina grazie alla continua interazione con i suoi followers. Un’arma a doppio taglio che le si è rivoltata contro come un boomerang.
Invece di riconoscere l’errore, Ferragni ha scelto la via della beneficenza, ben sapendo che l’immagine filantropica avrebbe attenuato il danno reputazionale. Un milione di euro per salvare la faccia. Ma a che prezzo? Probabilmente un’ammissione sincera e una richiesta di scuse avrebbero avuto un impatto ben diverso. Forse avrebbe recuperato anche quei followers che, delusi, hanno deciso di abbandonarla.
Un’ammissione di colpa, per quanto dolorosa, avrebbe mostrato un lato umano che molti avrebbero potuto comprendere e perdonare. Ma la paura di mostrare la propria vulnerabilità ha prevalso, e con essa la scelta di nascondere l’errore dietro un gesto che, per quanto nobile, sa di strategia. E la lezione che ne traiamo è sempre la stessa: ammettere i propri errori richiede coraggio, ma è l’unica via per una vera redenzione.