Pollai sostenibili e acquisti solidali: un saggio spiega come tornare ad animali sani e felici
Grandi capannoni, affollati di volatili. A noi sembrano ormai una cosa ovvia. In realtà, gli allevamenti delle galline all’interno dei capannoni sono recenti: sono nati negli anni Sessanta, perché prima la maggior parte delle persone allevava le galline in ambito familiare o in azienda agricola.
“Se prima le razze delle galline, migliaia in tutto il mondo, venivano selezionate in base alle caratteristiche climatiche, del territorio e delle funzioni che si volevano ottenere, con il risultato di avere una meravigliosa diversità e galline molto forti, oggi abbiamo fatto una selezione della gallina per farla diventare un ‘animale da capannone’”, spiega Andrea Minchio, progettista in Permacultura e autore – insieme a Pietro Venezia, medico veterinario omeopata e progettista in Permacultura – di Galline Felici in Permacultura. Con pollai, aie e pascoli rispettosi dei loro bisogni (Terranuova).
Oggi nel mondo si allevano circa 26 miliardi di galline che appartengono a pochissime specie, quelle che riescono a fare più uova nel più breve tempo possibile. E per quanto riguarda il pollo da carne, quello in vendita è principalmente il broiler, razza selezionata che cresce così velocemente da avere dolori e deformazioni.
“Il nostro obiettivo”, continua Minchio, “è riuscire a cambiare questo meccanismo ed avere delle galline allevate al pascolo”. Nei capannoni ci possono essere anche 100.000 animali insieme, una densità che in natura non esiste, quindi è inevitabile che si sviluppino malattie indotte dalle tecniche di allevamento che vengono trattate con antibiotici che producono poi antibiotico resistenza.
Come evitare la strage di pulcini
Esiste un movimento di persone che vuole invertire la rotta e di cui i due autori fanno parte. Due sono le richieste: avere uova evitando che si uccidano tutti i pulcini maschi (quando le uova sono fecondate, com’è noto, possono nascere maschi o femmine: se nascono femmine vanno nel mondo delle galline ovaiole, ma se nascono maschi vengono eliminati perché non servono). La seconda richiesta è relativa al fatto che le galline vengano, appunto, allevate al pascolo. Il libro è un manuale pratico, dedicato a chi vuole allevare galline cambiando filosofia. Il primo consiglio degli autori è quello di cambiare tipologia di specie, cioè non utilizzare le galline rosse, né un pollo da carne come il broiler.
Costruire un pollaio sostenibile. Con galline e galli
In secondo luogo, bisogna ridare alla gallina il suo ruolo di gallina e anche la compagnia del gallo. “Questo è un altro tema: in passato si mangiavano solo uova gallate, noi invece mangiamo uova che non hanno visto un gallo, non fecondate cioè, che in natura non esistono. Insomma hanno qualcosa in meno”.
E poi c’è il pollaio: secondo la Permacultura, serve una costruzione abbastanza comoda per le galline e l’operatore che deve entrarci, con i posatoi su cui le galline dormono (d’inverno anche sedici ore) e i nidi. Nel pollaio non va messo il cibo, altrimenti il rischio è che arrivino i topi. Oltre al pollaio, va creata un’aia chiusa impagliata, un ambiente grande più o meno come il pollaio, a cui le galline hanno accesso liberamente, e che evita anche che gli uccelli selvatici vadano sul cibo e l’acqua. Inoltre, la gallina è protetta anche da predatori come volpe, faine e cani da caccia.
Comprare biologico, ma soprattutto entrare in un Gas (Gruppo di Acquisto Solidale)
Comprare uova biologiche è un modo in cui noi consumatori possiamo proteggere questi animali? “Va benissimo comprare ma purtroppo non basta”, risponde Minchio. “Perché sebbene il biologico sia garanzia di tutta una filiera, per cui i mangimi sono più tutelati, i numeri delle galline sono ridotti, le galline non sono sempre al pascolo. Questo avviene perché le galline rosse da capannone sono selezionate per fare le uova, hanno perso rusticità, non sono più capaci di cercare cibo all’esterno e ad affrontare i cambi di stagione”. Certamente utilissimo è entrare, suggeriscono gli autori, in un Gas, ovvero un gruppo di acquisto solidale, dove esiste un rapporto diretto con l’allevatore e si può andare a visitare l’allevamento.
Ma allevando le galline in questo modo, ci sarebbe spazio per tutte? “Ovviamente no”, spiega Minchio, “possiamo ridurre il consumo di carne di bassa qualità e dobbiamo progettare sistemi integrati. Ad esempio possiamo integrare la galline nei frutteti vigneti e uliveti. Noi abbiamo tantissimi frutteti, ma poiché gli alberi da frutto sono trattati, vengono separati dagli animali. Quello che cerchiamo di spiegare è che se facciamo una progettazione dei sistemi, organizziamo i tempi degli animali in modo da rendere le operazioni più semplici e integrate tra loro, inserire le galline nel frutteto diventa fattibile; è il loro ambiente ideale, la gallina mangia l’erba, gli insetti, fertilizza e riduce sensibilmente i parassiti sotto la chioma degli alberi. Questa è la prima sfida del futuro. La seconda è tornare al ciclo naturale, in cui la gallina si accoppia, fa le uova, le cova, fa i pulcini e li alleva”.