di Tito Borsa
Prosegue imperterrita la beatificazione del pregiudicato Silvio Berlusconi. Ci stavano già provando quando il reo era vivo, raccontandolo come l’unico moderato all’interno del centrodestra, ma a un anno dalla morte l’opera di revisionismo ha molti meno ostacoli.
Qualche settimana fa aveva scatenato qualche sparuta polemica l’idea di un francobollo commemorativo, ora invece sembra cosa fatta l’intitolazione al pregiudicato dell’aeroporto di Milano Malpensa. Una vicenda assurda, paradossale: intitolare un aeroporto a un condannato per frode fiscale che ha pagato per anni Cosa Nostra, che ha sdoganato qualunque cosa in politica, che ha allontanato i giornalisti scomodi dalla Rai, che ha provato a comprare chiunque gli ostacolasse il cammino.
L’opera di beatificazione era già iniziata con Berlusconi vivo. La sua candidatura al Quirinale nel 2022, che sarebbe stata una divertente barzelletta in qualunque Paese civile, era stata presa con grande serietà. Lo storytelling che lo vedeva come un simpatico nonnetto talvolta un po’ svampito aveva completamente cancellato il “Caimano” che, per citare Daniele Luttazzi, trattava il codice penale come una lista di opzioni. Siamo un Paese senza memoria.
Vi ricordate gli ultimi anni di vita terrena e politica di Silvio Berlusconi? Era lui, nel centrodestra, quello “moderato”, mentre Giorgia Meloni e Matteo Salvini erano gli “estremisti”. Se il Caimano era moderato, allora Carlo Calenda è uno statista. I suoi governi hanno basato la propria linea politica sull’annientamento degli avversari, mentre quanto sia inopportuno ricordarlo come un politico liberal, attento ai diritti civili, lo ha ricordato in un editoriale di qualche giorno fa Marco Travaglio.
Intitolare un aeroporto a Silvio Berlusconi è un insulto alla legalità e alla democrazia. E Matteo Salvini che appoggia questa iniziativa, nata dalla Regione Lombardia subito dopo la morte del Caimano, dimostra ancora una volta che mentre distribuivano l’opportunità politica lui era al Papeete. Va bene che i problemi dell’Italia magari sono altri, ma ha un enorme valore simbolico il fatto che una Regione e un governo appoggino l’intitolazione di un aeroporto a un condannato per frode fiscale che ha “scippato” una villa a un’orfana, che ha pagato la mafia per anni, che si è tenuto in casa il boss Vittorio Mangano come “stalliere”, che ha avuto la tessera della P2 di Licio Gelli, che ha partorito leggi ad personam con l’unico scopo di salvare se stesso.
La lotta politica è e dev’essere aspra, deve basarsi sul confronto e lo scontro tra idee diverse, tra soluzioni differenti a dei problemi condivisi. Silvio Berlusconi è sempre stato fuori da tutto questo. Per capirlo basta riprendere le parole di una delle persone che gli sono state più vicine nella sua vita: “Silvio Berlusconi è entrato in politica per difendere le sue aziende” (Marcello Dell’Utri, 28 dicembre 1994). Non c’è mai stato un vero e proprio programma politico portato avanti da Silvio Berlusconi: la sua priorità era salvare se stesso e le sue aziende.
Come si può intitolare a quest’uomo l’aeroporto di Malpensa? L’opera di beatificazione è soltanto agli inizi, chissà quante ne vedremo, mentre il governo tra premierato e riforma della giustizia sta realizzando due dei più grandi sogni di Silvio Berlusconi. E la cosa più grave è che se ne parla relativamente poco: il gesto simbolico dell’intitolazione sarebbe uno schiaffo alla democrazia, alla legalità e alla lotta alla criminalità organizzata, ma sembra semplicemente un episodio di costume. Anzi, probabilmente ormai sembra anche un tributo doveroso. Che disastro.