I maxi sgravi per chi assume annunciati da Giorgia Meloni lo scorso autunno e attuati solo quest’anno con il decreto Coesione beneficeranno solo il 5,6% delle imprese. Mentre il 25,3% subirà un aggravio d’imposta per effetto della eliminazione dell’Aiuto per la crescita economica (Ace). Uno studio dell’Istat conferma quello che era già evidente dalla relazione tecnica del decreto Irpef-Ires di ottobre 2023 e quantifica l’impatto negativo sui settori produttivi. Che fa a pugni con dichiarazioni e promesse del governo.

Le imprese colpite dallo stop all’Ace varato nel 2011 dal governo Monti – un’agevolazione fiscale che incentiva il reinvestimento degli utili in azienda – sono più numerose nella manifattura (32,9%) e nei servizi di pubblica utilità (38%). La percentuale delle unità svantaggiate dalla eliminazione dell’aiuto aumenta con la dimensione dell’impresa (quasi una su due tra le imprese con oltre 2 milioni di fatturato o con oltre 50 addetti), è più elevata tra le imprese più solide (42% per quelle “in salute”) e con elevato grado di dinamismo, per quelle localizzate nelle regioni settentrionali e tra le esportatrici.

L’introduzione della super deduzione del costo del lavoro per incremento occupazionale avvantaggerà per contro solo il 5,6% del totale delle imprese. Tra queste ultime, quote più elevate si osservano per le unità della manifattura (8%) e delle costruzioni (7,9%) e al crescere della dimensione aziendale. Nel complesso, gli effetti di cassa negativi derivanti dall’effetto di composizione di entrambi i provvedimenti si manifestano attraverso una maggiorazione del prelievo Ires che raggiungerebbe il 10,2% nel 2024. Il prelievo addizionale derivante dalla eliminazione dell’Ace risulta pari al 12,2%, con quote più elevate per le imprese che, sulla base dell’indicatore sulla sostenibilità economica e finanziaria, figurano “a rischio”, e “fortemente a rischio” (25%).

La riduzione del prelievo Ires per effetto della nuova maggiorazione del costo del lavoro in deduzione in presenza di nuove assunzioni raggiunge l’1,9% ed è più elevata per le imprese delle costruzioni (4,5%), per le imprese “fragili” (5,6%) e “fortemente a rischio” (3,5%) e per quelle appartenenti alle classi dimensionali più piccole, con classe di fatturato fino a 10 milioni di euro, o con meno di 50 addetti.

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