La maggioranza indica solo uomini come possibili candidati per il cda. E l’assemblea di Cassa depositi e prestiti, per uscire dall’impasse, si prepara il 15 luglio a modificare il proprio statuto che prevede per il genere meno rappresentato “una presenza di almeno due quinti con arrotondamento all’unità superiore”. Una mossa che allontanerebbe la cassaforte pubblica del risparmio postale, partecipata all’83% dal Tesoro, dalle migliori pratiche adottate dalle aziende quotate. La vicenda, rivelata da Repubblica, ha subito scatenato reazioni delle opposizioni. “Vergognosa” secondo la senatrice Pd Annamaria Furlan, secondo cui “la cultura delle pari opportunità va in soffitta, barattata per interessi di parte, e la Presidente del consiglio non batte ciglio”. Mentre per Carolina Morace, eurodeputata del M5S, “Il primo governo della storia italiana presieduto da una donna calpesta i diritti delle donne: sembra una barzelletta, invece è l’amara verità”. “Le donne competenti ci sono, e non possono pagare loro le logiche di partito e di occupazione del potere sui ruoli decisionali. Il Ministro Giorgetti chiarisca al più presto”, aggiunge Elena Bonetti, deputata e vicepresidente di Azione.
Ma come nasce il cortocircuito? Il quotidiano romano racconta che “i nomi che Fdi, Lega e Forza Italia soppesano per le candidature sono principalmente maschili”. Mentre nel cda uscente di Cdp, di nove membri, ci sono quattro donne – Livia Amidani Aliberti, Anna Girello Garbi, Fabiana Massa Felsani, Alessandra Ruzzu – tra i papabili indicati finora ne compare una sola, Lucia Calvosa, candidata dalle Fondazioni che hanno il 17% del capitale. Di qui l’escamotage: l’idea è quella di ridurre le quote prescritte da due quinti a un terzo del totale. Lo stesso vincolo arriverebbe per il cda della “gestione separata” Cdp, oggi tutto al maschile. In questo modo le quote rosa resterebbero quattro ma “spalmate su tutte le 14 poltrone dei due organi della Cassa”, spiega Repubblica.
Ora la domanda è se la maggioranza continuerà a sostenere questo piano. Il rinnovo del cda di Cdp è stato rinviato già tre volte. La prossima assemblea è in calendario appunto per il 15 luglio, quando dovrebbero essere votate le modifiche alla governance.