“Fino a ieri Mélenchon era l’eroe che ha consentito di fermare la destra estrema. Oggi tutti i giornali lo descrivono come il male assoluto. Ma se il Nuovo Fronte Popolare francese ha vinto è perché Mélenchon ha preso i voti fuori dalle Ztl, nessun altro pezzo di sinistra è in grado di farlo. Mélenchon è perfetto? No, ma se voi prendere i voti di un pezzo di popolo devi fare i conti anche con quelle caratteristiche, altrimenti questa barricata opposta da quelli del cosiddetto centro verrà prima o poi travolta. È solo una questione di tempo“. Così a Coffee Break (La7) Stefano Fassina, ex viceministro dell’Economia e fondatore dell’associazione culturale e politica Patria e Costituzione, stigmatizza i titoli odierni della stampa italiana di area centrista sul leader francese de La France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon, .
Fassina placa anche gli entusiasmi del centrosinistra italiano, invitandolo ad andare a fondo delle “ragioni strutturali della rabbia delle periferie sociali e delle classi medie”: “C’è un’eccitazione eccessiva dalle mie parti. Ci sono state sicuramente due vicende molto rilevanti e positive, la vittoria del Labour Party in Regno Unito e l’affermazione, anche inaspettata nelle sue dimensioni, del Nuovo Fronte Popolare in Francia. Tuttavia – continua – vedo che continua a sfuggire una questione di fondo: perché queste classi medie sono così arrabbiate e votano gli estremi? C’è una discussione un po’ troppo politicista sui giornali. Ma perché le classi medie da tanti anni si manifestano in modo così estremo? Quali sono le ragioni per le quali sono così rabbiose? Dovremmo provare a rispondere a questa domanda”.
E aggiunge: “Abbiamo fatto tutto bene? Perché negli Usa e in tanti Stati della Ue c’è questa situazione? Forse quel mercato al quale abbiamo dato così tanta centralità non fa proprio gli interessi della stragrande maggioranza delle classi medie? Forse dobbiamo rivedere un po’ i meccanismi che regolano l’economia? Sta già in larga misura avvenendo. Ad esempio, Biden ha confermato tutte le misure che con grande disinvoltura chiamiamo ‘protezioniste’ e che aveva messo Trump – conclude – Sta facendo un intervento massiccio sull’economia per dare risorse pubbliche per la transizione ecologica. Quindi, a me pare che ci siano delle ragioni di fondo che la stragrande maggioranza delle classi dirigenti si ostina a rimuovere”.