Questa è un’espressione trita e ritrita: “Il calcio come occasione di riscatto”. Ma per Enzo Le Fée non è soltanto vera: nasconde una storia familiare difficilissima, che il nuovo centrocampista della Roma ha vissuto sulla sua pelle e che grazie al calcio, appunto, ora è alle spalle. Segni e cicatrici restano, anche perché se perdi per suicidio il padre quando hai 21 anni non è mai facile. Ma la sua storia non comincia nemmeno da qui. Parte da un cognome: Le Fée. Che è quello della mamma, Katia. “Quando ho avuto Enzo a 18 anni – ha raccontato ai microfoni di Sofoot – il papà di Enzo, Jeremy, non poteva riconoscerlo. Era latitante”. Una vita difficile, con precedenti di droga e violenza anche domestica. Jeremy era un giocatore di prospettiva a Lorient, ma il suo carattere gli aveva impedito di trovare la sua dimensione in campo. E quindi l’aveva cercata a fatica fuori. Due volte in carcere, la fuga e l’impossibilità di avere con il figlio un rapporto normale. Quando era piccolo, Enzo doveva spesso saltare gli allenamenti per andare a trovare in prigione il padre. Con cui, nonostante tutto, non aveva un cattivo rapporto.

Quando è morto, Enzo giocava già da professionista nel Lorient ed era uno dei punti fermi dell’Under 21 francese. Con poche parole aveva fatto capire tutto: “Resterò comunque orgoglioso di mio padre. La sua morte mi ha reso più determinato a fare quello che a lui non è riuscito”. Cioè diventare un calciatore. Anche il percorso con il pallone non è stato facile: la stessa mamma Katia era molto preoccupata che la ricerca di un’affermazione in campo lo portasse sulla stessa strada del padre. “Pensava sempre e solo al pallone, ho dovuto seguirlo molto”, ha raccontato.

Ora Le Fée a 24 anni vive un sogno. Che è un punto di partenza. Nel 2023 si è trasferito dal Lorient al Rennes, uscendo fuori da quella comfort zone domestica che forse, legata a lui, tanto comfort non ha rappresentato. Gli è bastato un anno in un’altra squadra per convincere il ds della Roma, Ghisolfi (che arriva proprio dalla Ligue 1) a puntare su di lui e a investire 23 milioni di euro per acquistarlo. Il ruolo? Simile a quello che era di De Rossi, il suo nuovo allenatore, ma con la capacità di giocare anche sulla trequarti se necessario. E pur giocando in mezzo al campo le ammonizioni sono state pochissime: solo 3 in 34 partite la scorsa stagione, segno di una tranquillità e di una correttezza che, probabilmente, sono la reazione a tutto quello che è stato fuori dal campo. Perché sì, in questo caso la frase non è di circostanza: per Le Fée è stato un riscatto. E ora se la gioca tutta.

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