L’articolo 3 della Costituzione può essere appallottolato e lanciato nel cestino della spazzatura. L’uguaglianza dei cittadini – principio cardine della legge fondamentale della Repubblica, valore universale della Dichiarazione dei diritti dell’uomo, spirito guida di tutti gli Stati liberali e democratici da un po’ di decenni – riposta in un cassetto. E di sicuro i politici hanno un po’ più diritti di tutti gli altri cittadini, che – tradotto – si chiamano “privilegi” e ne godevano gli aristocratici qualche secolo fa. Per esempio: è sufficiente essere presidente della Regione Liguria, come capitato per sua sorte a Giovanni Toti, per usufruire di diverso trattamento davanti alle regole della giustizia. A sostenere questa capriola costituzionale è – a sorpresa – l’ex giudice della Consulta Sabino Cassese che con un parere legale ha voluto contribuire alla richiesta di revoca degli arresti domiciliari avanzata dai legali dal governatore ligure, accusato di corruzione.

Per Cassese la decisione del tribunale di mantenerlo agli arresti domiciliari “è stata raggiunta considerando soltanto il rapporto tra gravità dei fatti e esigenze di cautela, aspetti interni alla procedura, senza considerare altri aspetti“. Il centro del ragionamento dell’ex giudice e professore emerito alla Normale di Pisa è racchiuso in quell’avverbio, soltanto. Quali altri aspetti dovrebbe considerare allora un giudice, secondo Cassese? “Il buon andamento della pubblica amministrazione, che richiede di assicurare la continuità dell’azione amministrativa; l’investitura popolare, che impone di considerare il rispetto delle scelte compiute dall’elettorato; lo ius in officio di terzi che hanno una situazione giuridica attiva a mantenere l’ufficio”. Tutti elementi che il tribunale, secondo l’ex giudice costituzionale, dovrebbe vagliare nella vicenda processuale di Toti ma che – per forza di cose – non potrebbero assumere alcun peso nella decisione dei giudici se a rispondere delle stesse accuse fosse un cittadino qualunque che avesse il demerito di non avere alcuna carica elettiva. Ad ogni modo, con la dottrina Cassese, si può anche arrivare a valutare di smontare le scritte che campeggiano nelle aule giudiziarie, quelle che recitano che “la legge è uguale per tutti”. Perché a parità di normativa, secondo il professore, il politico eletto dovrebbe avere garanzie processuali doppie, o triple.

Quello della investitura popolare come scudo spaziale che rende intoccabili è un concetto carissimo ai politici di tutto il mondo che si trovano alle prese con guai giudiziari. Solo per fare un esempio che conoscono tutti è stato un argomento utilizzato di frequente – anche nei comizi elettorali e in tv – da Silvio Berlusconi e dal suo schieramento di riferimento. Entrò anche nella parodia (serissima) che ne fece Nanni Moretti nel Caimano, in una scena fittizia del processo Sme in cui il Berlusconi impersonato da Moretti si difendeva dalle accuse di Ilda Boccassini (Anna Bonaiuto) affermando che non poteva essere giudicato perché eletto dal popolo e, anzi, doveva proprio scappare “perché io faccio parte di una troika…”. Il Berlusconi vero e il Popolo della Libertà ribadirono il concetto nei giorni della decadenza da senatore del Cavaliere dopo la condanna definitiva per frode fiscale. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, in quel caso, fu costretto a ricordare “l’imperativo assoluto per la salute della Repubblica” rappresentato dal “più severo controllo di legalità“, da cui nessuno può ritenersi esente “in virtù dell’investitura popolare ricevuta“.

Entrando più nel merito Cassese fa capitolare l’articolo 3 sull’uguaglianza dei cittadini – uno dei principi fondamentali della Costituzione del 1948 – a fronte di altri tre articoli della Carta: il 97 che garantisce il “buon andamento dell’azione amministrativa“, il 48 che recita che “il diritto di voto – attivo e passivo – non può essere limitato se non da una sentenza penale irrevocabile” e il 51 per cui chi ha funzioni pubbliche deve “disporre del tempo necessario al loro adempimento e di conservare il proprio posto“. Una teoria che, in linea di principio (e di principi giuridici si tratta visto che si discute con la Costituzione in mano), può arrivare a paradossi di un certo livello: resta in sospeso quale comportamento dovrebbe tenere un giudice se si ritrovasse davanti un indagato politico accusato di furto, rapina, omicidio.

Il parere di Cassese è stato allegato al ricorso al Tribunale del Riesame discusso lunedì. Toti ha chiesto la revoca dei domiciliari o la trasformazione in una misura cautelare meno severa. Per la procura, invece, il governatore deve rimanere ai domiciliari perché esiste un pericolo di reiterazione del reato e perché ci sarebbe la possibilità per Toti di intervenire tramite la sua influenza, anche se sospeso. Una prima istanza degli avvocati era stata respinta dalla giudice Paola Faggioni. Se il tribunale riconfermasse i domiciliari per Cassese Toti dovrebbe rivolgersi alla Corte costituzionale: “Qualora questi elementi non vengano presi in considerazione, resta alla parte che lamenta la violazione delle norme costituzionali di promuovere o provocare un giudizio di costituzionalità in via principale o in via incidentale”. Finora i legali di Toti avevano evocato, più modestamente, la possibilità di rivolgersi alla Corte di Cassazione.

Cassese, 88 anni, è stato ministro nel governo Ciampi, giudice della Consulta dal 2005 al 2014, consigliere di varie società per azioni (da Autostrade a Lottomatica), presidente di enti istituzionali. Durante la pandemia è stato molto critico nei confronti dei Dpcm del governo Conte per il contenimento del Covid, mentre in precedenza si era speso a favore della riforma costituzionale proposta dal governo Renzi, poi bocciata con il referendum del 2016. Più di recente si è espresso a favore di vari provvedimenti del governo Meloni: la riforma della giustizia del ministro Carlo Nordio che prevede tra l’altro la separazione delle carriere, l’autonomia differenziata e il premierato. Il suo nome è circolato come possibile presidente della Repubblica sia nel 2015 che nel 2022: in entrambi i casi gli è stato preferito Sergio Mattarella.

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