L'Oms ha lanciato l'allarme, l'Ue ha tentato di porvi rimedio. Ma l'inquinamento del tabacco sembra inarrestabile
Fuma anche chi non ha mai stretto tra le labbra una sigaretta: il tabacco non inquina solo l’organismo dell’individuo che ne fa uso, ma anche quello collettivo del mondo. L’Oms l’allarme l’ha lanciato già nel 2022 con un lungo report che mirava a costringere le grandi aziende produttrici a ridurre i danni causati da coltivazione intensiva con pesticidi, produzione, distribuzione del tabacco: “le conseguenze ambientali del consumo di tabacco hanno trasformato un problema umano in un problema planetario.
Non si tratta solo della vita dei consumatori, ma di coloro che li circondano. Il tabacco non può più essere classificato come una minaccia per la salute, ma per lo sviluppo umano nel suo insieme”. I polmoni del pianeta sono sempre più scuri e non muoiono solo otto milioni di fumatori ogni anno: insieme a loro spariscono anche 600 milioni di alberi, 200mila ettari di terra, 22 miliardi di tonnellate d’acqua; 84 sono i milioni di tonnellate di Co2 che finiscono nell’atmosfera.
Per malattie respiratorie, oncologiche, croniche un fumatore su due muore, ma la cifra delle vittime complessive per i danni provocati all’ambiente dal consumo di tabacco è ignota e incalcolabile, potenzialmente, anche molto più spaventosa. Mangiamo, beviamo, respiriamo resti di sigarette altrui, ogni giorno, soprattutto perché chi sbuffa fumo, per strada o alla fermata di un autobus, si lascia alle spalle una scia quasi invisibile di minuscoli, ma velenosissimi rifiuti composti da arsenico, idrocarburi, metalli pesanti, acetone, lacca, toluene, polonio 210, l’insetticida ddt, formaldeide, piombo, ammoniaca: i mozziconi, che contengono 200 sostanze chimiche (70 cancerogene), e non solo nicotina e catrame. Ogni anno nel mondo finiscono a terra, nel sottosuolo e falde acquifere 4,5 trilioni di filtri e i loro agenti chimici: l’ambiente li assorbe, li incorpora e li rimette in circolo. Si degradano in microplastiche dopo 12 anni, e, si stima, compongono oggi il 40% dei rifiuti plastici del Mediterraneo: un singolo mozzicone, che pesa 0, 3 grammi, è capace di inquinare fino a mille litri d’acqua. Due direttive Ue, una del 2019, l’altra del 2021, non hanno arginato il fenomeno.
Un giorno del 2016, mentre osservava un posacenere traboccare di cenere e cicche, Marco Fimognari ha avuto un’idea: riciclarle. Con Nicola Bonetti ha fondato Re-cig: dopo tre anni di studi compiuti in collaborazione con l’università di Trento ha ottenuto per primo, in Italia e Ue, un brevetto per il recupero di mozziconi, che diventano, dopo un complesso trattamento, palline di plastica riutilizzabili per produrre oggetti di design, occhiali, bottoni. Il simbolo del suo progetto che vanta 4mila punti di raccolta in Italia (dove un cittadino su 4 fa incenerire in media 12 sigarette al giorno) è un procione, “l’animale che lava, come facciamo noi coi resti delle sigarette, e che trova cose preziose nell’immondizia”. Tanto invisibili, quanto pericolosi: “poiché i mozziconi sono piccolissimi, pensiamo di non arrecare grosso danno gettandoli per strada” dice Fimognari, ma “dobbiamo creare la consapevolezza che il fumo crea danno a te che scegli di fumare, ma anche a chi non lo fa. Stai facendo fumare tutti, se inquini l’ambiente”.
Ad andare in cenere non sono solo le sigarette: anche la natura. Il mozzicone è il rifiuto più presente, ovunque, nel mondo: una montagna di veleno di cui non si vede più la vetta, che si ingigantisce di 850mila tonnellate ogni anno. E la piaga, invece di rimarginarsi, si sta allargando con l’arrivo delle sigarette elettroniche: nel 2018 l’American Journal of Public Health si era già accorto che avrebbero avuto “il costo ambientale più elevato”.
Arrivati sul mercato con la promessa di aiutare i fumatori a smettere, questi dispositivi di ultima generazione hanno invece gonfiato un mercato parallelo per un nuovo tipo di fumatore: quello giovanissimo, ipnotizzanto da colori scintillanti delle confezioni che pubblicizzano aromi esotici. Fragola ghiacciata, lampone e mango sono gusti delle sigarette usa e getta che contengono però nichel, cobalto, solventi tossici. Il giro d’affari è da oltre 5 miliardi solo in Usa, dove ogni secondo vengono buttate via 5 sigarette usa e getta: al mese sono 150 milioni, che nell’ambiente disperdono abbastanza litio da poter produrre almeno 6mila macchine Tesla (il calcolo lo ha fatto la Truth Initiative). Secondo uno studio condotto nel 2023 dall’università di Oxford, quegli ioni di litio che finiscono nella spazzatura potrebbero continuare invece a funzionare per centinaia di cicli. Di strumenti che usiamo per qualche ora, ma inquinano per decenni a venire, in Italia ne cestiniamo 132mila ogni giorno.
In Stati diversi hanno pensato ad alternative diverse per questi nodi di emergenze che si stanno attorcigliando e stanno per diventare un cappio al collo del futuro: hanno vietato il fumo in luoghi pubblici in Giappone, a Singapore è l’intelligenza artificiale della Nea (National Environment Agency) a individuare fumatori nelle aree protette; nel Regno Unito un disegno di legge è pronto per rendere illegale la vendita di prodotti di tabacco ai nati dopo il 2009. Ma ancora nessuna soluzione si è dimostrata definitiva. La Ri-cig organizza nelle scuole conferenze sui danni provocati all’ambiente dal fumo con la speranza di creare una nuova generazione “capace di risolvere il problema: sono l’unica vera variabile che può invertire il corso dell’inconsapevolezza collettiva”.