Ci si aspettava che a invocare il cosiddetto cordone sanitario nei confronti dei Patrioti d’Europa, il nuovo gruppo voluto da Viktor Orbán e terzo più numeroso del prossimo Parlamento europeo, fossero le formazioni di sinistra nella cosiddetta ‘maggioranza Ursula‘. Invece, a sorpresa, il giorno dopo l’annuncio ufficiale della nascita della nuova famiglia Ue, è colui che da mesi chiede un’apertura a destra a tracciare un confine entro il quale non rientra il nuovo gruppo nazionalpopulista: il presidente del Partito Popolare Europeo, Manfred Weber, che invoca il cordone sanitario.
La linea rossa di Weber
Le parole di Weber non lasciano spazio a interpretazioni e non fanno sconti all’ex alleato, il premier ungherese cacciato proprio dal Ppe. “È chiaro che chi è stato eletto dal popolo europeo deve avere l’opportunità di lavorare qui al Parlamento europeo – ha detto a margine della riunione del gruppo a cui sta partecipando anche Ursula von der Leyen – Un’altra questione è chi rappresenta o non rappresenta le istituzioni e chi è palesemente contrario al progetto europeo e alle istituzioni europee. Come ha detto pubblicamente, Viktor Orbán vuole smantellare il Parlamento europeo. Penso che queste persone non possano rappresentare il Parlamento europeo come istituzione”. Quindi nessun presidente di una commissione andrà ai Patrioti? “Penso che la mia posizione sia chiara”, ha risposto.
Anche Ursula von der Leyen ha annunciato che non chiederà il supporto in Parlamento delle forze che compongono i Patrioti, anche se di voti nel nuovo gruppo di Orbán ne avrebbe raccolti ben pochi: “Nessun dialogo con i sovranisti“, ha detto secondo fonti di Bruxelles nel corso dell’incontro col Ppe.
Viktor l’impresentabile
Il primo ministro ungherese ha avuto molti anni, più di tre, per pianificare il proprio ritorno in grande stile, dopo l’uscita dal Ppe del 2021. In questo periodo, di certo, non ha fatto molto per farsi amare dai partiti di maggioranza a Bruxelles: ha approvato leggi che hanno minato lo Stato di diritto nel suo Paese, si è opposto regolarmente ai pacchetti d’aiuti per Kiev e alle sanzioni a Mosca. E negli ultimi giorni, da quando il 1 luglio l’Ungheria ha assunto l’incarico di presidente di turno dell’Ue, ha organizzato una serie di incontri sotto il simbolo del mandato europeo con Volodymyr Zelensky, Vladimir Putin e Xi Jinping. Mossa, questa, che ha fatto infuriare i vertici delle istituzioni europee e le cancellerie, tanto che nella prossima riunione del Coreper, mercoledì, una ventina di Paesi membri lanceranno un avvertimento chiedendo a Budapest di smetterla di svolgere missioni diplomatiche a nome dell’Ue senza alcuna autorizzazione da parte del Consiglio.
La vendetta di Orbán si consumerà in Consiglio Ue?
Quella dei partiti che decideranno di adottare il cordone sanitario nei confronti dei Patrioti d’Europa potrebbe essere però una strategia dal prezzo decisamente alto. Nell’ultima legislatura, la stessa sorte era toccata a Identità e Democrazia, il gruppo nel quale militavano, tra gli altri, la Lega e Rassemblement National. Il contesto, però, era del tutto diverso: al suo interno si trovavano forze estremiste come Alternative für Deutschland, mentre il Carroccio faceva parte di un governo, il Conte I, ormai indebolito dalle frizioni interne e che sarebbe caduto poco dopo con la mossa del Papeete. La stessa Le Pen non godeva del peso attuale né a livello nazionale né da un punto di vista di seggi nella Plenaria. Il nuovo gruppo di Viktor Orbán, invece, è un’altra storia: oltre a esprimere 30 eurodeputati in più di ID, al suo interno ha un membro del Consiglio Ue (il premier ungherese), due partiti di governo, uno maggioritario (PVV olandese) e uno minoritario (Lega), una formazione in testa ai sondaggi in vista delle elezioni di settembre (Fpö austriaco) e il più importante partito europeo per scranni occupati, il Rassemblement National. Proprio le mosse dei governi potrebbero essere l’arma con la quale vendicarsi dell’esclusione: le decisioni in Consiglio Ue si prendono in gran parte all’unanimità o col 55% degli Stati membri e il 65% della popolazione dell’intera Ue. Se il fronte sovranista rimanesse compatto, prendere decisioni condivise nella prossima legislatura potrebbe diventare ancora più complicato.