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“Il vino naturale è fascista”: il cortocircuito di Farinetti per difendere i produttori (medio piccoli) del Carso

Le parole del fondatore di Eataly davanti a imprenditori che messi insieme producono poco più di 300mila bottiglie l’anno, una piccola cifra rispetto alle produzioni da zone più riconosciute a livello di critica enologica italiana

di Davide Turrini
“Il vino naturale è fascista”: il cortocircuito di Farinetti per difendere i produttori (medio piccoli) del Carso

Il vino naturale è fascista”. L’ultima freccia (avvelenata) di Oscar Farinetti arriva direttamente da un contesto di piccoli medi produttori di vino del Carso, molti di questi inclini a produrlo il più naturale possibile, ovvero il convegno inaugurale della diciottesima edizione di Mare e Vitovska al Castello di Duino Aurisina (Trieste).

Intanto alcune coordinate del contesto da cui è partita l’invettiva, praticamente un boomerang, per il prode inventore di Eataly. La Vitovska è il vitigno simbolo della zona del Carso, un vino bianco che oscilla a livello gustativo tra il cosiddetto Prosecco e le uve Malvasia. Messi insieme i piccolissimi produttori presenti al convegno producono poco più di 300mila bottiglie l’anno, una piccola cifra rispetto alle produzioni da zone più riconosciute a livello di critica enologica italiana. I produttori della Vitovska stanno inoltre combattendo quella che la rivista Gambero Rosso ha definito una “guerra biblica”. Si tratta di una disputa, appunto, tra Davide – i piccoli produttori dell’Associazione viticoltori del Carso e l’associazione Prosekar – e Golia – il Consorzio DOC Prosecco.

Come spiega Gianluca Atzeni su Gambero Rosso da un lato c’è la difesa dell’identità di un territorio e della propria tradizione, dall’altro “un Consorzio che non può necessariamente tollerare sul mercato la presenza di un prodotto chiamato “Prosekar” fuori dal perimetro della Ig europea”. In pratica nel nuovo disciplinare della Doc Prosecco pubblicato due mesi fa il Prosekar è stato aggiunto a forza come tipologia e non come sottozona, come richiesto dai produttori del Carso. Insomma, Farinetti è stato invitato in un contesto in cui si difendono scelte di autonomia dei piccoli contro l’industrializzazione facilona dei grandi.

Eccolo allora pronto a dare la propria solidarietà ai viticoltori del Carso offrendosi da “mediatore con il governatore Zaia” per evitare che la Vitovska confluisca nella DOC Prosecco e mantenere invece il Prosekar nella DOC Carso. Dopodiché inizia il caos parole in libertà. Il convegno s’intitola “L’origine crea il prodotto o è il prodotto a creare l’origine?” e Farinetti che fa? Prima sottolinea l’unicità dei vini del Carso poi sbanda: “L’identità è il marketing del territorio e va portata avanti con tenerezza, come ho visto fare da voi qui sul Carso; non con quella figaggine che hanno certi che dicono di fare il vino naturale e ti guardano dicendo: voi usate merda, io sono più figo di te perché sono naturale”. Ora, a parte qualche singolo produttore in sala di naturale (o biodinamico) che si deve essere sentito inutilmente preso in causa, Farinetti ha sovrapposto un giudizio di valore (il suo) a un dato oggettivo: chi prova a intraprendere la strada del vino naturale cerca di non usare aggiunte in vigna e in cantina di quella che il fondatore di Eataly definisce “merda” che poi altro non sono che lasciti di viticoltura chimica (il 90-95% del vino prodotto in Italia) tra cui i tollerati dai disciplinari europei: lieviti industriali, acidi e tannini artificiali, stabilizzanti e antisettici, additivi enologici come chiare d’uovo, colla di pesce, bentonite, enzimi, mosto concentrato rettificato, chiarifiche, filtrazioni, riscaldamenti, raffreddamenti, pesticidi, concimi non naturali.

Insomma, anche se ci sarà un po’ di “figaggine”, magari legata al narcisismo del singolo viticoltore, o chissà al mondo grafico delle etichette spesso pop, almeno non bevi del veleno. Farinetti, però, non sazio, ha prima sottolineato la sostenibilità economica e ambientale di una produzione di tipo industriale e poi è tornato di nuovo all’attacco del vino naturale: “Naturale è un termine fascista, c’è bisogno di libertà”. Infine, il solito attacco degli enologi più realisti del re, la stoccata anti Veronelli del “piccolo è bello: è un concetto sostenuto dai fighetti che non capiscono niente del vino”. Non pago, la conclusione è arrivata con la frecciata al curaro contro Report, non nella puntata sul vino di lunedì scorso, ma in una dove si parlava d’altro: “Siamo l’ultimo paese in Europa per il ricorso all’elettrico, perché si sta facendo un gran casino sul problema delle batterie. Ne ha fatto una puntata anche quella trasmissione… Come si chiama quella trasmissione di destra, che si spaccia di sinistra ma non lo è, è di destra, quella della RAI che ci ha sputtanato anche il vino. Ah sì, Report”.

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