Ci ha messo “solo” sei mesi, addirittura undici per la misura dedicata ai cosiddetti “occupabili”. Ma alla fine il governo ha deciso di ammettere il disastro. A sancirlo ci pensa l’Inps, nel primo “Osservatorio sulle misure di contrasto alla povertà e di inclusione sociale Assegno di inclusione e Supporto Formazione Lavoro“, che snocciola i dati fino a ieri chiesti dalla stampa e negati dal ministero del Lavoro. “Dati in linea con i target“, si affretta a commentare la ministra del Lavoro Marina Calderone. Ma i numeri pubblicati dall’Istituto indicano che per il nuovo Reddito di cittadinanza, l’Assegno di inclusione (Adi) partito a gennaio, i beneficiari sono la metà rispetto agli anni scorsi. Un problema enorme visto che nel frattempo i poveri non si sono certo ridotti, anzi. Quanto alle persone in grado di lavorare perché così aveva deciso il governo, a maggio sono state appena 56mila le beneficiarie dell’indennità di formazione da 350 euro, un quinto della platea inizialmente ipotizzata dal governo.

I numeri dell’Inps – Nei primi sei mesi dell’anno, le famiglie con domanda accolta per l’Assegno di inclusione sono state 697.640, per un totale di 1.681.380 individui. Nel Sud Italia hanno beneficiato dell’Adi 436.181 famiglie (69,82% del totale), rispetto a 80.051 famiglie nel Centro e 108.480 nel Nord. Napoli si conferma la provincia con il maggior numero di beneficiari, con 100.665 famiglie (287.581 persone) riceventi l’Adi, un numero che quasi eguaglia quello dell’intero Nord Italia. L’assegno medio a Napoli è di 680 euro, superiore alla media del Sud (631 euro), a quella del Nord (578 euro), ma anche a quella nazionale di 617 euro. Su 624.712 assegni erogati a maggio, 238.512 sono stati destinati a nuclei in cui sono presenti persone con disabilità, pari al 38,18% dei nuclei coinvolti, contro il 25,14% di famiglie con disabili che ricevevano il Rdc a dicembre. L’importo medio per queste famiglie è aumentato, passando da 497 euro del Rdc a 654 euro dell’Adi. Aumentano anche le famiglie con minori beneficiarie dell’Adi: 260.298 (41,67% del totale), rispetto alle 250.650 famiglie con minori che ricevevano il Rdc (34,47%). Si tratta di variazioni dovute in gran parte alle nuove regole: per ottenere l’Adi nel nucleo devono essere presenti persone disabili, over 60, minori o situazioni di disagio già accertate. Scelta che ha ridotto la percentuale di famiglie monocomponenti, dai 319.846 nuclei del Rdc (43,99% del totale) ai 214.763 nuclei dell’Adi (34,38%). In questo caso l’importo medio per le famiglie con minori registrato a maggio è stato di 691 euro, leggermente inferiore ai 709 euro del Rdc a dicembre.

Il bagno di realtà – “Al 30 giugno erano 698mila i nuclei familiari con diritto all’Assegno di inclusione, per un totale di quasi 1,7 milioni di persone, siamo vicini ai target annuali della misura”, ha commentato la ministra Calderone, che in passato aveva fissato a 737mila nuclei il target del governo per la nuova misura di contrasto alla povertà. Un target ancora da raggiungere nonostante la scarsa ambizione in termini di contrasto alla povertà. Anzi, in controtendenza rispetto alla realtà, come rileva anche l’Ocse analizzando i dati sui salari reali in Italia. Nel rapporto 2024, l’Istat ha registrato il peggioramento degli indicatori sulla povertà assoluta, che nel 2023 hanno raggiunto “livelli mai toccati negli ultimi 10 anni“, mentre crescono i lavoratori poveri perché il reddito da lavoro è sempre meno capace di difendere le famiglie dal disagio economico. E mentre a risentire del peggioramento sono soprattutto i più giovani, con 1,3 milioni di minori in condizioni di povertà assoluta. Il record raggiunto l’anno scorso dice che in povertà assoluta sono il 9,8% degli italiani e l’8,5% delle famiglie, per un totale di 2 milioni 235mila famiglie e di 5 milioni 752mila individui in povertà. Sempre secondo l’Istat, il vecchio Reddito di cittadinanza non è mai arrivato a coprire nemmeno il 50% delle famiglie in povertà assoluta, e tuttavia negli anni scorsi la misura aveva raggiunto quasi 4 milioni di beneficiari nel 2021, durante la pandemia Covid-19, tornando poi ai livelli iniziali con 1.363.095 nuclei e 2.884.865 individui beneficiari nel 2023, ultimo anno del Rdc con i cosiddetti “occupabili”, 18-59enni senza minori, disabili, over 60 o situazioni di disagio accertate nel proprio nucleo, che già da agosto 2023 avevano viste interrotte le erogazioni secondo le novità introdotte dal governo nella sua prima legge di bilancio.

Beneficiari dimezzati – Di fronte alla povertà che aumenta, soprattutto per le fasce di popolazione in età da lavoro, il governo ha dunque dimezzato i beneficiari del contrasto alla povertà: a maggio l’Adi è stato erogato a 624.712 famiglie, coinvolgendo 1,5 milioni di persone, mentre l’anno scorso erano state 2,9 milioni. Ci sono poi gli “occupabili“, persone in povertà assoluta che, a patto di poter esibire un Isee ancora più basso (6mila euro) rispetto a quello necessario per l’Adi (9.360), dallo scorso settembre possono richiedere il Supporto formazione e lavoro (Sul), 350 euro a mese a fronte di percorsi di formazione e partecipazione a progetti utili alla collettività. Secondo l’Osservatorio appena pubblicato dall’Inps, nel complesso è stato pari a 96mila il numero di soggetti con domanda Sfl accolta dallo scorso settembre e fino al 30 giugno 2024. Lo scorso gennaio la ministra Calderone aveva parlato di una platea potenziale di 250mila persone, già ridotta dalle nuove regole che per il Sfl pretendono un Isee sotto i 6mila euro, mentre per Rdc e Adi il limite è di 9.360 euro. A maggio 2024, 11 mesi dopo, sono state 56.796 le indennità erogate, un quinto della platea. Gli altri? Il Fatto ha raccontato in più occasioni le difficoltà burocratiche e informatiche che hanno ostacolato i potenziali percettori, compresi quelli già iscritti ai corsi di formazione o ad altre politiche attive, spingendo molti a lasciar perdere, a cercare altri modi per sopravvivere. Deterrente nel deterrente, il Sfl dura al massimo 12 mesi: chi ha iniziato a percepirlo lo scorso settembre sta per perderlo definitivamente e se non ha trovato lavoro, secondo le nuove regole del governo non avrà più di che vivere. Quante siano queste persone, l’Osservatorio non lo dice. Silenzio che si somma a quello sui tanti working poor, la parte dei beneficiari Rdc che un reddito da lavoro ce l’aveva, anche se insufficiente, e che secondo l’Istat sono in aumento. Sempre secondo l’Istat, l’erogazione del Reddito di cittadinanza negli anni passati “ha permesso di uscire dalla povertà a 404 mila famiglie nel 2020, 484 mila nel 2021 e 451 mila nel 2022”. Visti i risultati appena resi pubblici dal governo, e la povertà in aumento, non si può che attendere i numeri sull’efficacia del nuovo Assegno di inclusione nel contrasto alla povertà. Sperando di non dover attendere un altro anno.

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