Il Decreto Salva-Olimpiadi non è altro che una legge “illegittima, di una gravità inaudita”. Adesso lo dice anche la Procura di Milano, che attacca il governo Meloni e il suo tentativo di neutralizzare le inchieste sui Giochi invernali attraverso un colpo di spugna normativo. Come rivelato in anteprima dal Fatto, a giugno l’esecutivo ha infilato un comma nel Decreto Grandi eventi sul G7, con lo smaccato intento di smontare l’indagine della Procura sulla Fondazione Milano-Cortina. In quelle quattro righe, il governo ribadiva che “le attività della Fondazione non sono disciplinate da norme del diritto pubblico e la Fondazione non riveste la qualifica di organismo pubblico” e “La Fondazione opera sul mercato in condizioni di concorrenza e secondo criteri imprenditoriali”. Sembrava una puntualizzazione pleonastica, visto che la natura privata della Fondazione era stata dichiarata sin dall’atto costitutivo, ma non lo è affatto: su questo punto si basa l’intera inchiesta della Procura di Milano.
Il fascicolo (corruzione e turbativa d’asta per alcune commesse sospette, più il possibile abuso d’ufficio sulla “parentopoli” delle assunzioni) parte infatti da un presupposto: secondo i pm, la Fondazione è privata, ma siccome è creata dal pubblico, controllata dal pubblico e garantita dal pubblico (se chiuderà in rosso, come scontato) va trattata come un organismo pubblico. Se dovesse passare questo principio, qualsiasi atto disinvolto degli amministratori potrebbe essere contestato. Per ora sono indagati solo l’ex amministratore delegato, Vincenzo Novari, il dirigente Massimiliano Zuco e l’imprenditore Luca Tomassini delle aziende Vetrya e Quibyt, ma è chiaro che l’inchiesta rischierebbe di allargarsi a macchia d’olio, toccando anche Malagò (presidente dall’inizio) o il nuovo ad Andrea Varnier (scelto dal governo Meloni, in carica da fine 2022), paralizzando il Comitato. Di qui il panico che si è scatenato in Fondazione.
Così il governo ha deciso di intervenire e anche la tempistica (approvato neanche 20 giorni dopo le perquisizioni della Guardia di Finanza) non lascia dubbi: il decreto da una parte è una sorta di via libera ad operare, preteso dagli stessi vertici (nessuno si sarebbe più preso la responsabilità di firmare un atto con la scure di un’inchiesta sul collo); dall’altra, però, serve soprattutto a smontare sul nascere l’indagine. Senza l’equiparazione al pubblico, dei capi d’accusa ipotizzati rimarrebbe solo la corruzione tra privati, più difficile da quantificare e dimostrare, mentre cadrebbe l’abuso d’ufficio. E gli amministratori olimpici, vecchi e nuovi, potrebbero tirare un sospiro di sollievo. Un’evidente invasione di campo, una violazione del principio di separazione dei poteri. Che adesso viene denunciata anche dai magistrati. Durante un’udienza al tribunale del Riesame per un ricorso presentato dall’indagato Zuco, i pm hanno spiegato che si tratta di una norma “illegittima“, che va oltre le “leggi ad personam”, perché interviene con un’inchiesta in corso, per togliere ai magistrati la “prerogativa” di interpretare le leggi. Comunque, la Procura ha annunciato di non voler sollevare la questione di legittimità costituzionale.
L’equiparazione della Fondazione a un ente di diritto pubblico, tesi ardita e tutta ancora da dimostrare, avrebbe dovuto essere discussa e decisa in aula di tribunale. Invece il governo punta a sottrarre la questione al giudizio della magistratura. Da vedere, però, se riuscirà nell’intento. Il decreto non ha aggiunto né tolto nulla al contesto normativo, visto che esistevano già non una, ma ben due leggi che dicevano la stessa cosa. L’inchiesta va avanti e sarà comunque un giudice a stabilire se le attività della Fondazione sono o meno di tipo “pubblico”, tenendo conto delle disposizioni vigenti. Ma ad avere qualche dubbio, del resto, non sarebbe solo la Procura: nel corso della stessa udienza è stata depositata un’intercettazione in cui uno degli stessi legali interni alla Fondazione ammette che “noi siamo pubblici”.