L’emendamento contro i No Ponte? “La prossima manifestazione sarà il 10 agosto. Raduno a Piazza Cairoli a Messina alle 18”: risponde così Gino Sturniolo, storico organizzatore delle proteste contro il Ponte di Messina, eletto nel 2013 consigliere comunale tra le file del movimento legato all’ex sindaco Renato Accorinti. È questa la reazione della Rete No Ponte dopo il via libera in commissione Giustizia e Affari istituzionali al ddl Sicurezza che prevede un emendamento mirato a sgonfiare le proteste. Aggravamento di un terzo della pena (nella prima bozza era di due terzi) se “la violenza o la minaccia” a un pubblico ufficiale è “commessa al fine di impedire la realizzazione di un’opera pubblica o di un’infrastruttura strategica la pena è aumentata”: questo recita il testo che approderà in aula ad agosto. Arrivato dopo più di vent’anni di proteste contro la grande opera. Era, infatti, il 2002 quando Accorinti salì sull’ex traliccio dell’Enel per esporre il primo manifesto contro il Ponte sullo Stretto; dopo vari raduni e campeggi, nel 2004 per la prima volta fu usata la sigla Rete No Ponte, mentre il 10 gennaio 2006 si raggiunse una partecipazione monstre di ben 20mila persone a una manifestazione della Rete.

Dopo vent’anni di proteste adesso addirittura un emendamento mirato a chi come voi protesta contro le grandi opere. Ve lo aspettavate?
Ce lo aspettavamo. In vent’anni i movimenti hanno dovuto fare i conti con un aumento spropositato delle multe per reati come blocco stradale o occupazione. Adesso assistiamo a un aumento delle pene. È evidente che le destre al governo generino politiche repressive più accentuate.

E questo cosa comporterà?
Dovrà cambiare la strategia dei movimenti. Dovremo aprire una battaglia politica che punti a riaprire gli spazi di agibilità che il governo intende chiudere. L’emendamento anti No Ponte risponde a un principio che ha radici nelle teorie liberiste; la società non esiste: fuori dalle dinamiche parlamentari nessuna legittimità è riconosciuta alla volontà popolare. Nei fatti, attraverso questa logica qualsiasi forma di dissenso viene repressa col massimo della pena. La conseguenza è che a nessun livello viene riconosciuto il conflitto come strumento dell’agire politico e si limita pesantemente l’agibilità politica ai movimenti.

Ma questo non vi fermerà.
Non ci fermeremo assolutamente. Se l’intenzione è reprimere la minaccia di fermare il ponte, ecco, diciamo con chiarezza che è nostra intenzione fermare la devastazione del territorio.

Non temete, però, che la partecipazione alle manifestazioni possa ridursi per timore della pena?
L’obiettivo del governo è questo: intimidire non tanto noi militanti ma la grande massa. E questo è ancora più grave perché è evidente che così si vuole negare alle persone di partecipare alla vita pubblica relegata così alle sole elezioni. Il rischio è che i tantissimi cittadini che partecipano alle nostre manifestazioni possano sentirsi intimoriti. Dovremo tenerne conto, proteggerli. Dovremo aprire una battaglia politica che punti a riaprire gli spazi di agibilità che il governo intende chiudere.

Non arretrate.
Più di massa saranno le mobilitazioni contro gli eventuali cantieri del ponte e meno sarà possibile per il governo reprimerci: aspettiamo tutti in piazza il 10 agosto.

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