Giustizia & Impunità

“Sfruttavano i braccianti e li aggredivano se si ribellavano”: due arresti nel Cuneese

Sfruttavano i braccianti e, quando si ribellavano, non si facevano scrupoli a picchiarli. Con queste accuse due persone sono finite ai domiciliari e una terza è stato imposto il divieto temporaneo di esercitare attività professionali su ordine del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Asti. Nei loro confronti si ipotizzano i reati di […]

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Sfruttavano i braccianti e, quando si ribellavano, non si facevano scrupoli a picchiarli. Con queste accuse due persone sono finite ai domiciliari e una terza è stato imposto il divieto temporaneo di esercitare attività professionali su ordine del giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Asti. Nei loro confronti si ipotizzano i reati di intermediazione illecita, sfruttamento del lavoro e violazioni alla normativa relativa al soggiorno degli stranieri sul territorio nazionale.

I braccianti agricoli erano impegnati a lavorare nelle vigne nel territorio delle Langhe e sarebbero stati sfruttati dai due finiti ai domiciliari – un uomo marocchino e un macedone – insieme all’uomo di nazionalità albanese per il quale è arrivata l’altra misura cautelare. Le indagini della squadra mobile di Cuneo sono partite lo scorso anno, a seguito di diverse segnalazioni da parte di associazioni preposte alla tutela dei diritti delle persone e dei lavoratori, nelle quali si evidenziava lo sfruttamento dei braccianti, in gran parte di origine africana, impiegati nelle attività di coltivazione dei vigneti.

Nel corso dell’attività investigativa sono stati accertati anche casi di violente aggressioni fisiche nei confronti dei lavoratori che protestavano per le condizioni di sfruttamento. Contestualmente all’esecuzione delle misure cautelari sono stati posti sotto sequestro preventivo un immobile e cinque veicoli, tra automobili e furgoni, tutti utilizzati dagli indagati per accompagnare i braccianti sui luoghi di lavoro.

In un fabbricato di proprietà del macedone, a Mango, gli agenti hanno trovato diciannove migranti, quasi tutti extracomunitari: vivevano ammassati, in condizioni igieniche precarie, ma costretti a versare un affitto, che veniva trattenuto dalla loro paga. Nascosti nei cuscini e in una custodia per occhiali l’indagato aveva 16mila euro in contanti: lui stesso, è emerso, aveva installato un sistema di videosorveglianza domestico collegato col suo cellulare, per tenere sotto controllo anche a casa, come sui campi, i braccianti sfruttati.

“Nel momento in cui la giornata lavorativa dura dieci o dodici ore, è evidente che siamo fuori dal perimetro della legalità”, ha sottolineato il procuratore capo di Asti, Biagio Mazzeo, commentando la posizione degli imprenditori del vino che si servono della manodopera sfruttata nelle Langhe. Come ha specificato il questore di Cuneo, Carmine Rocco Grassi, non si escludono ora altri profili di responsabilità: “La nostra prospettiva si deve spostare ora su chi, non preoccupandosi delle condizioni di assunzione, si affida a cooperative o a soggetti come questi, pensando di potersi lavare le mani”.

Non si tratta della prima inchiesta che riguarda il territorio delle Langhe. A marzo erano state indagate 9 persone perché nelle vigne sulle colline, patrimonio dell’Unesco, dove si producono Barolo e Moscato era emerso “un quadro diffuso di sfruttamento lavorativo”: i braccianti erano pagati meno di 6 euro all’ora e costretti a lavorare fino a 12 ore al giorno, sette su sette. L’indagine dei carabinieri aveva portato alla luce una quarantina di lavoratori vittime di sfruttamento. La maggior parte proveniente dal Gambia e dal Senegal, ma anche dall’Egitto e dal Bangladesh. Per trenta di loro era stato chiesto il nulla sta al rilascio del permesso di soggiorno per grave sfruttamento lavorativo.