La bassa “padanaequatoriale” del fiume Po, un ragazzo che non esce mai di casa e una maschera di Silvio Berlusconi. “Il giovane caimano” di Domenico Varipapa è il romanzo di una generazione venuta dopo un mucchio di cose che hanno segnato la storia dell’Italia. E che hanno lasciato in mano agli adolescenti di oggi un mondo a scale, troppo spesso pieno di frustrazione e senza che si capisca bene perché. Rino, il protagonista, è quello che abbiamo imparato a definire un hikikomori: un giorno decide che non sarebbe più uscito dalla sua stanza e per un po’ tiene fede alla promessa. Se gli chiedono perché, pensa a un pomeriggio in piscina, quando è successa la stupidata più umiliante per chi vive negli sguardi dei coetanei. Ma le ragioni, in realtà, sono milioni e la tristezza un buco nero. Sotto il letto ha una maschera di Silvio Berlusconi e la usa per farsi vedere durante le video-chat dei videogame, la sua attività principale. Quando e se si accende la telecamera, lui ripete a macchinetta quello slogan che ha forgiato l’universo di ieri (“L’Italia è il Paese che amo”): per chi è venuto dopo è solo l’eco di qualcosa di ridicolo.
“Il giovane caimano” è una storia vera pur essendo un romanzo. E quella manciata di personaggi, con le loro ansie e preoccupazioni, spiegano molto più dei giovani d’oggi di qualsiasi analisi che troverete in tv e sui giornali. E’ una storia pura perché dentro ci sono decine di ragazzi e ragazze. Varipapa non si è inventato niente: è un professore di lettere, quei volti li conosce uno a uno. Ne ascolta il linguaggio, i modi di dire, i tentativi di farsi forza di fronte ad adulti che non riescono, quasi mai, ad azzeccare il modo di comunicare con loro. E proprio i dialoghi tra i protagonisti lasciano senza parole: sono così autentici che sembra, per un attimo, di aver avuto il privilegio di origliare le conversazioni di giovani che con i più grandi parlano solo a monosillabi. E di sicuro non per farsi capire. L’autore, che due anni fa aveva raccolto la storia vera del ragazzo italiano arrestato per droga e per amore in Sud America nel libro “Celle con vista”, ora riesce nell’impresa di farci entrare nelle teste di tanti adolescenti. Quelli cresciuti con i nonni che odiano (o amano) Silvio Berlusconi, quelli che stanno diventando grandi in un mondo dove si sentono quasi sempre inadeguati. Diranno che ogni generazione, a suo modo, ci è passata, ma raccontare cosa passa nei pensieri di chi vive il tuo presente e un’impresa che riesce a pochi. “Il giovane Caimano” ce la fa. Perché forse nemmeno aveva quell’ambizione e nella semplicità di voler raccontare la storia di Rino, nato a Cirò Marina e trapiantato nel paese del pittore Antonio Ligabue, fa il gesto più potente di tutti. Dice la verità. Anche se è così nuda da disarmare. Anche se, a volte, è la spiegazione più banale. “Perché non esci mai?”, chiede il Virgilio al giovane Caimano ad un certo punto. “Non ci riesco”, risponde il ragazzo. E nell’impossibilità di usare altre parole per descrivere quello che vive, c’è tutta la potenza di uno stato d’animo che non si sa come far capire all’esterno.
Rino però, ha tanto da dire. E la sua forza si libera quando attacca “il mondo” dei ricchi usando la maschera di uno di loro (proprio Silvio Berlusconi). “Ci vogliono pronti a sbranare l’altro“, dice mentre fissa la telecamera del suo cellulare. Ma “noi non correremo più, non parteciperemo a questa cazzata“. Come il Bartleby di Melleville che destabilizza un mondo solo dicendo di “no”, Rino ci esplode in testa spiegandoci perché si vuole nascondere da questo presente. E così, accompagnarlo mentre cerca di fare pace con se stesso e con il mondo, diventa, anche per chi legge, un viaggio inaspettato tra le angosce di tutti noi che vivamo un oggi così complicato. E tante volte, avremmo voglia solo di tirarcene fuori.