Il discusso decreto legge sulle liste d’attesa, già svuotato di contenuti per assenza di risorse, va a sbattere contro il no dei governatori. La Conferenza delle Regioni e delle Province autonome a maggioranza – escluso solo il Lazio – ha espresso parere negativo al provvedimento e ritiene “imprescindibile lo stralcio dell’articolo 2 la cui attuale formulazione è quanto meno lesiva del principio di leale collaborazione”. Si tratta dell’articolo che istituisce l’Organismo di controllo sui tempi di attesa delle cure, che fa capo al ministero della Salute e supervisionerebbe il lavoro delle Regioni. Le quali chiedono una modifica per rendere il testo “rispettoso delle competenze e delle prerogative di ciascun livello istituzionale come previsto dalla Costituzione”. Le opposizioni attaccano, parlando di certificazione di un fallimento e chiedendo il ritiro del decreto. Francesco Boccia, presidente del gruppo del Pd al Senato, vede in controluce anche una “sfida all’ultimo sangue tra Lega e Fdi“, perché mentre “spacca l’Italia con la legge Calderoli” al tempo stesso “il partito della Premier cerca di accentrare tutto, quindi anche il governo dell’emergenza sanitaria del momento”.

L’articolo 2, spiega infatti la relazione delle Regioni, “prevede che a fronte delle segnalazioni di cittadini, enti locali ed associazioni di categoria (che dovrebbero essere innanzitutto trasmesse alle Regioni interessate) l’Organismo di verifica e controllo sull’assistenza sanitaria possa accedere presso le Aziende sanitarie, scavalcando le Regioni e le Province Autonome, anche avvalendosi del supporto del Comando Carabinieri per la tutela della salute (anziché delle Regioni stesse)”. Una formulazione in cui gli enti vedono “dei profili di illegittimità costituzionale” e che chiedono di modificare con “un chiaro riferimento nella collaborazione interistituzionale e nel rispetto delle rispettive competenze istituzionali”.

“Auspichiamo una proposta di mediazione da parte del governo”, commenta il capogruppo della Lega al Senato, Massimiliano Romeo. Anche la Lega aveva chiesto di cancellare quell’articolo proponendo in alternativa “un sistema di valutazione e monitoraggio delle Regioni nell’esercizio dell’autonomia differenziata”. “E’ chiaro che il decreto, annunciato a pochi giorni dalle elezioni europee come la panacea di tutti i mali delle cittadine e dei cittadini, è in realtà l’ennesimo provvedimento propaganda, un vero e proprio bluff di una maggioranza spaccata e incapace di risolvere i problemi concreti delle italiane e degli italiani”, spara a zero Boccia. Per il capogruppo del M5S in commissione Affari sociali alla Camera Andrea Quartini “la sonora bocciatura del decreto da parte delle Regioni, la stragrande maggioranza delle quali governate dal Centrodestra, fa venire tutti i nodi al pettine. Siamo davanti a una palese sfiducia del ministro Schillaci, che ora deve trarne le conclusioni. Troveremmo singolare se ora la maggioranza decidesse di portare avanti il decreto come se nulla fosse. Facciano l’unica cosa possibile: lo ritirino e inizino a occuparsi di sanità in modo serio, non con la sterile propaganda usata finora”. Stessa richiesta arriva dal capogruppo dell’Alleanza Verdi e Sinistra Peppe De Cristofaro, presidente del gruppo Misto di palazzo Madama.

Anche la segretaria confederale della Cgil Daniela Barbaresi attacca: “La bocciatura delle Regioni al decreto liste d’attesa brucia la propaganda governativa più delle temperature di questi giorni. Ciò dovrebbe preoccupare molto il ministro della Salute e indurlo ad occuparsi seriamente del Servizio Sanitario Nazionale abbandonando la strada dello smantellamento. È sempre più evidente la volontà del Governo Meloni di privatizzare la salute. Anche questa volta non c’è nessuna vera risposta alle persone che attendono di essere curate e i roboanti annunci pre-elettorali si sciolgono come ghiaccio al sole”.

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