Apprendo con sincera emozione che il ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano vuole creare un “tavolo permanente” per studiare il rap e i testi che inneggiano alla violenza. Chissà da chi sarà composto questo tavolo, chissà quali obiettivi avrà (anche se, assicura Sangiuliano, “non vogliamo assolutamente ingerire”). Di sicuro il ministro parte già col piede sbagliato quando afferma che “negli ultimi anni, nelle periferie, si è assistito a questo nuovo fenomeno della musica rap e trap”: possibile che non ci sia nessuno del suo staff pronto ad informarlo che il “nuovo fenomeno” esiste da più di cinquant’anni e che, anche qui in Italia, è in cima alle classifiche da decenni?
Non si devono assolutamente negare i problemi e le criticità legate al rap e ai vari sottogeneri ad esso legati: i testi sessisti, discriminatori, violenti, inneggianti al consumismo e a stili di vita superficiali esistono (e peraltro esistono da decenni, non li hanno certo inventati i trapper di oggi). La vera ipocrisia ed ignoranza è quella di chi considera il rap la causa di determinati problemi, anziché ciò che realmente è, e cioè il sintomo di una società malata e tremendamente ingiusta, società creata e diretta da noi adulti e non certo dai ragazzini che oggi dominano le classifiche e i social. Fin dalla sua nascita, questo genere musicale ha avuto l’enorme pregio/difetto di rappresentare lo specchio più realistico, e quindi più terrificante del nostro Occidente. Quello che non va nel rap italiano è esattamente ciò che non va in Italia e in buona parte del nostro Pianeta: l’ostentazione del denaro e del successo facile, la prevaricazione sul più debole, la violenza reale o metaforica.
Dall’altro lato, non si possono nemmeno trascurare le sfumature e gli aspetti positivi di questo enorme fenomeno che ha trasceso la musica: oggi tramite il rap si dialoga anche con i poeti, i filosofi, gli educatori ed insegnanti… e per fortuna questo strumento così straordinariamente efficace si mette a disposizione, con ottimi risultati, anche di fini diversi rispetto al semplice profitto economico.
Se volessimo essere maliziosi, potremmo dire che il tempismo di Sangiuliano è singolare: si interessa al rap e alla trap proprio nei giorni in cui, casualmente, alcuni famosi esponenti passano alla cronaca per guai giudiziari più o meno gravi. Non ci risulta che in passato sia stato così attento al fenomeno, e magari non lo sarà nemmeno in futuro, e quest’idea del fantomatico “tavolo permanente” resterà una boutade di mezza estate.
Ma, qualora così non fosse, qualora il ministro avesse davvero voglia di informarsi e capire senza pregiudizi e ipocrisie, beh, in quel caso siamo disponibilissimi a spiegargli come funziona, e pronti ad istruirlo.