Non solo Marco Travaglio e Selvaggia Lucarelli. Nel “mirino” di Chico Forti c’era anche una terza persona, finora mai menzionata perché non era chiaro chi fosse. Ebbene, dagli accertamenti effettuati è emerso che si tratta di Aldo Di Giacomo, segretario generale dell’Spp, il sindacato di polizia penitenziaria. Come riporta Il Mattino di Padova il trio per cui l’uomo chiedeva ritorsioni e intimidazioni alla criminalità organizzata era quindi composto dal direttore e dalla firma del FattoQuotidiano e da un poliziotto-sindacalista. È stato un detenuto che avrebbe sentito la discussione tra Forti e un altro carcerato del penitenziario veronese di Montorio.

La Procura di Verona ha aperto un fascicolo per indagare su quanto riferito da un operatore dell’istituto di pena, secondo il quale l’ex campione trentino gli avrebbe chiesto di contattare qualche ‘ndranghetista per mettere a tacere i due giornalisti e una terza persona. Forti, tramite il suo legale, “smentisce nel modo più assoluto le notizie apparse su organi di stampa nella quali qualcuno lo accuserebbe di aver richiesto interventi in relazione ad articoli contro la sua persona” aveva detto l’avvocato Andrea Radice, sostenendo che “”è caduto dalle nuvole. “È stupito, affranto e smarrito”, aggiunge.

Cosa aveva detto – Di Giacomo non ha risparmiato le critiche nei confronti del trattamento privilegiato riservato a Forti fin dal suo arrivo in Italia. “Per noi servitori dello Stato che ogni giorno in carcere combattiamo, per conto dello Stato, una battaglia oscura ma importante per il rispetto della legalità, il sentimento di amarezza e di smarrimento è molto diffuso alla notizia che Chico Forti, condannato per omicidio negli Stati Uniti e sabato scorso tornato in Italia, potrà lasciare temporaneamente il carcere per incontrare la madre” aveva scritto in una nota. Da quanto ci risulta lo stesso provvedimento adottato per Forti – evidenzia – ha bisogno di settimane di attesa e non di pochi secondi oltre a riguardare casi particolarmente gravi come il rischio di vita del congiunto da incontrare, evenienza che non è valida per Forti. Non è in alcun modo giustificabile – aveva aggiunto il sindacalista – un sistema giudiziario ‘a due pesi e due misure’ perché introduce innanzitutto sfiducia nel personale penitenziario al quale lo Stato chiede il massimo rispetto del regolamento penitenziario sino a pagarne direttamente, come riprova l’alto numero – 250 – di provvedimenti disciplinari, mentre si allargano le ‘maglie’ per detenuti con condanne per reati gravi”. Prima della visita della madre, Chico Forti era stato accolto della premier Meloni, poi aveva ricevuto la visita con selfie di Andrea Di Giuseppe, deputato di Fratelli d’Italia.

Il caso – La questione è emersa dai colloqui che i detenuti hanno con il garante don Carlo Vinco. Uno di questi avrebbe raccontato al prete di aver assistito a un dialogo tra il sessantacinquenne ex campione di surf e una persona in carcere per reati connessi alla criminalità organizzata calabrese (ma non in regime di massima sicurezza). Durante la conversazione Forti gli avrebbe esternato il fastidio per la prima pagina del Fatto Quotidiano in cui Travaglio aveva scelto il titolo “Benvenuto assassino”, nel giorno del suo ritorno in Italia. Sempre a lui avrebbe chiesto poi di contattare qualche ’ndranghetista libero per “mettere a tacere Travaglio, Lucarelli e il sindacalista Di Giacomo. In cambio avrebbe promesso aiuto quando un giorno sarà libero e “candidato con il centrodestra”.

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